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Arte in Memoria

È stata prorogata fino al 28 aprile la biennale di arte contemporanea Arte in Memoria, rassegna giunta alla sua decima edizione, che invita artisti da tutto il mondo a esporre nell’area della Sinagoga di Ostia Antica.

L’edizione di quest’anno, secondo precisa volontà della curatrice Adachiara Zevi, voleva riflettere e far riflettere in modo particolare sulla situazione politica internazionale, con un focus sui diversi nazionalismi emergenti, e non a caso i paesi rappresentati in questa edizione sono la Polonia, l’Austria, gli Stati Uniti e l’Italia.

L’americana, Karyn Olivier, ha creato una struttura lungo la cancellata della Sinagoga, un po’ a difesa dal rumore dell’autostrada adiacente. Si tratta di uno schermo ma anche di un muro, in riferimento a tutti i muri di cui sentiamo parlare. Optare per questa scelta è anche un invito al dialogo e all’ospitalità perché nel corso dei mesi questa struttura si è riempita di scritte: sotto l’opera erano posti dei gessetti colorati a disposizione delle persone.

Zbigniew Libera, artista polacco, ha realizzato un lavoro impressionante e suggestivo:  ha voluto poggiare un vecchio binario degli anni ‘40 sul prato della sinagoga. L’allusione è evidentemente al trasporto degli ebrei verso i campi di sterminio, in questo caso, messo a Ostia, l’opera fa anche pensare alle persone che un tempo abitavano l’insediamento ostiense. Norbert Hinterberger, dall’Austria, ha lavorato nel cuore della Sinagoga dove rimangono quattro colonne originali i cui capitelli sono stati rubati. L’artista ha riposto dei nuovi vasi/capitelli ai piedi delle colonne su cui sono scritti i nomi delle città in cui c’erano le più importanti sinagoghe; a fianco sono posti dei grandi libri bianchi, riferimento all’ebraismo, religione del libro, lasciati alle intemperie. L’opera, che rimarrà permanentemente è di Ruth Beraha, artista milanese, ed è uno scavo che forma una grande impronta di Golia colpito da Davide.

Della rassegna parla la curatrice Adachiara Zevi.

Cos’è Arte in Memoria?

«È una mostra biennale di arte contemporanea in un posto molto speciale come la Sinagoga di Ostia Antica, un edificio del I secolo, si può dire la più antica Sinagoga dell’Occidente, scoperta nel 1961. Una testimonianza, dal punto di vista artistico e storico, molto preziosa.

Sull’esempio di un’iniziativa analoga che si svolgeva in Germania, in cui  ogni anno un artista veniva invitato per un lavoro in residenza, nel 2002 ho proposto all’allora sovrintendenza di poter avviare una idea analoga a Ostia. Ho quindi iniziato questo percorso che mi ha portata quest’anno a festeggiare la decima edizione. Fino ad oggi si sono avvicendati 50 artisti da tutto il mondo, ognuno ha fatto un lavoro per la Sinagoga, alcuni di questi sono rimasti permanentemente. Adesso c’è un museo di opere contemporanee all’aperto che dialogano con le rovine di Ostia Antica».

Cosa l’ha ispirata a portare l’arte in una Sinagoga?

«Mi interessavano due cose, innanzitutto il confronto fra l’arte contemporanea e l’arte antica; è molto interessante vedere come questi artisti interagiscano con un luogo di rovina. Poi mi interessava vedere come ogni artista contemporaneo interagisse con una Sinagoga, luogo non solo religioso ma anche di studio. In particolare la Sinagoga di Ostia non è stato solo luogo di culto ma anche di ospitalità, infatti si trovano i resti di un forno per cuocere il pane azzimo, si trovano degli otri per conservare l’olio e altri alimenti e c’è anche un tavolo. È un luogo di vita, e mi piaceva l’idea di far tornare a vivere questo spazio; anche se volendo si possono ancora svolgere delle funzioni religiose, mi piaceva che riprendesse a vivere grazie all’arte contemporanea.

Essendo un luogo così evocativo, tutti i lavori degli artisti assumono una valenza diversa. L’obiettivo di questa mostra, il dialogo tra antico e contemporaneo, l’idea, anche rispetto al giorno della memoria, di realizzare un’iniziativa che poi dura nel tempo e non sia episodica mi sembra efficace».