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Dio rinnoverà ogni cosa

Non tornerai forse a darci la vita, perché il tuo popolo possa gioire in Te?
Salmo 85, 6

Gesù dice: «Così anche voi siete ora nel dolore; ma io vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi toglierà la vostra gioia»
Giovanni 16, 22

ll versetto proposto oggi dal Lezionario “Un giorno una parola” riporta alcune parole di Gesù inserite nella lunga conversazione a tavola, la sera dell’Ultima Cena, narrata nei capitoli 13-17 del quarto Vangelo.

Dice il passo precedente: «La donna, quando partorisce, prova dolore, perché è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’angoscia, per la gioia che sia venuta al mondo una creatura umana» (v. 21).

L’immagine del dolore e del travaglio del parto compare altre volte nella Scrittura e ci dà l’idea della provvisorietà e della incompletezza della Storia della creazione di Dio, nella quale sono inserite le indecifrabili vicende del percorso dell’umanità e la tormentata esistenza di ognuno di noi. La Storia è in divenire, la storia è una crescita progressiva di quel seme piantato da Dio quando disse “Sia la luce”. Tutto è inserito ed inglobato in questo crescere ed espandersi. Oggi la scienza ci dice che ciò è iniziato 14–15 miliardi di anni fa, né sa dirci di più: l’espansione è infinita? O ci sarà una contrazione che riporterà tutto al punto di partenza?

Tutto il creato vive una sorta di gravidanza che prosegue in vista del parto. E la Scrittura ci parla del momento del travaglio, delle doglie, del dolore che fa gridare la creazione di Dio, la grande partoriente.

«Tutta la creazione geme ed è in travaglio, e non solo essa, ma anche noi» – scrive l’apostolo Paolo – «e aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio» (Romani 8). Si aspetta una nascita, una nuova nascita, che farà dimenticare ogni angoscia del passato: l’apparizione alla stretta finale del «Servo del Signore», delineato nelle profezie del secondo Isaia: «Per lungo tempo ho taciuto, me ne sono stato tranquillo, mi sono trattenuto; ora griderò come una che sta per partorire, respirerò affannosamente e sbufferò a un tempo» (Isaia 42, 14). La manifestazione del Figlio, che rinnoverà ogni cosa (Apoc. 21, 5). Siano vicini al parto? Non lo sappiamo. Ma perché la Chiesa ha dimenticato l’annuncio delle cose che accadranno all’uomo alla fine della sua vita?