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Quasi vedendosi in uno specchio

Leonardo Sciascia, scrittore, giornalista, politico, poeta, critico d’arte, scompariva trent’anni fa. La Sicilia e in particolare i suoi luoghi d’origine lo ricordano in vari modi. Il comune di Gibellina gli dedica uno spazio pubblico, che lui stesso aveva inaugurato nel 1987, restaurandolo e dedicandolo a lui. Sempre a Gibellina,nello spazio espositivo del M.A.G. (Meeting di Pietro Consagra), il 15 marzo è stata inaugurata la mostra fotografica Quasi vedendosi in uno specchio, curata da Salvatore FerlitaL’autore è Angelo Pitrone, fotografo e docente di Storia e tecnica della fotografia all’Università di Palermo, che si dedica spesso a ritrarre i paesaggi e la vita della Sicilia e nel corso degli anni ha più volte fotografato Sciascia.

Ne parla l’autore, Angelo Pitrone.

Come descriverebbe Leonardo Sciascia attraverso la sua esperienza?

«Era una persona conosciuta anche per il suo carattere molto schivo, anche se molto acuto nei suoi giudizi e affermazioni, soprattutto di natura politica. Era una persona estremamente dolce e riservata anche in famiglia e con gli amici. Ho avuto il privilegio di poter frequentare la sua casa, fortuna determinata dal fatto di trovarmi vicino territorialmente, a pochi chilometri dalla contrada Noce di Racalmuto, dov’era nato e risiedeva. I nostri incontri sono avvenuti sia lì che poi in manifestazioni pubbliche, in occasioni di premi, convegni letterari come quelli pirandelliani o il premio cinematografico Efebo d’Oro».

Era un personaggio disponibile a farsi fotografare?

«Si ma non sempre e non da tutti. Bisognava avere, non solo nei suoi confronti ma per chiunque stia davanti l’obiettivo, rispetto per la persona, verso il soggetto fotografato. Io sono sempre stato per la condivisione dell’immagine: il ritratto non nasce mai dal contributo di un solo autore ma è un’opera condivisa tra il fotografo e il suo soggetto. In questo senso lui si prestava alla macchina».

Cosa vediamo in mostra?

«C’è una selezione di 25 immagini; un corpus di sei fotografie è dedicato al suo rapporto con un altro grande personaggio che è il fotografo Ferdinando Scianna, che in quegli anni portò una mostra fotografica ad Agrigento al Centro Pasolini e che Sciascia presentò. C’è un altro corpus a cui tengo particolarmente perché sono dei ritratti fatti a casa sua in cui lui posa. Non sono foto rubate, mi ha concesso di ritrarlo nella sua casa accondiscendendo alla posa fotografica. In questo gruppo di foto appare anche con la moglie. Queste, secondo me, sono immagini preziose perché la maggior parte delle foto che si hanno di un personaggio di questo tipo sono scatti rubati, colti in altre occasioni. Un’altra cosa che va sottolineata è che non sono immagini commissionate, appartengono a una ricerca fotografica legata al ritratto d’autore».

Attraverso questa esposizione emerge anche la storia d’Italia e della Sicilia?

«Si racconta soprattutto la Sicilia attraverso quella che era la vita culturale in un’area così decentrata e isolata come Agrigento. Ci sono scatti realizzati durante il premio Efebo d’Oro, dedicato a film tratti da opere di narrativa che ancora c’è ma si è spostato a Palermo, che è stato un evento importante perché ha focalizzato l’attenzione della letteratura legata al cinema quando ancora non era un tema così diffuso. Da qui sono passati i maggiori registi dell’epoca, da Monicelli a Tornatore oltre a personaggi del cinema straniero».

Qual è la storia di queste fotografie?

«Le foto hanno il destino di maturare dentro i cassetti, un po’ come il vino. Poi vengono tirate fuori dopo decenni e acquistano un sapore che magari non avevano all’inizio, magari erano un po’ acerbe o legate alla cronaca.

Rispetto alle possibilità della fotografia, grande interesse aveva suscitato anche in Sciascia un filone, partito da Torino, con la mostra da lui stesso ideata, Ignoto a me stesso del 1987, una mostra fotografica di ritratti di scrittori. Lui aveva un grande interesse sia verso la fotografia si verso il ritratto fotografico come entelechia della persona, dell’io. Nel titolo di quella mostra questo discorso si evince es i ritrova nell’idea dello specchio. Lui era ben cosciente di provenire dalla terra di Pirandello, questo sdoppiamento dell’immagine riflessa per uno scrittore è sempre stato molto intrigante e stimolante come principio».