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Geografia dell’esclusione

Vergogna capitale. A Roma seimila persone rom e sinti si trovano in emergenza abitativa. La maggior parte di loro vive nei campi formali, nelle baraccopoli istituzionali, divisi tra «villaggi autorizzati» e «campi tollerati». Poco più di un migliaio, invece, sono le persone rom di cittadinanza rumena che vivono negli anfratti della città, sotto tende o in baracche di fortuna, prive di acqua ed energia elettrica, in condizioni igienico e sanitarie spesso drammatiche.

E tuttavia, il numero degli abitanti negli insediamenti informali, rispetto al 2017, è in costante diminuzione, «mentre sono in aumento le violazioni dei diritti umani registrate a Roma negli sgomberi forzati, che sono stati 40 nel 2018, già più di 20 dall’inizio di quest’anno», ha rivelato il presidente dell’Associazione 21 Luglio Carlo Stasolla. Presentando ieri al Senato il rapporto annuale dell’associazione “I margini del margine”, Stasolla ha rimarcato come «le azioni organizzate nei confronti delle comunità rom non siano accompagnate dalla previsione di azioni inclusive, anzi, il futuro di ciò che è considerato uno scarto umano è demandato esclusivamente alla polizia locale di Roma Capitale». Non soltanto.«Desta ulteriore preoccupazione la previsione dell’amministrazione comunale di realizzare per il 2019 i centri di raccolta rom, un sistema già ideato da Alemanno e smantellato dalle inchieste di Mafia Capitale, che in barba al rispetto dei diritti umani crea ghetti monoetnici», ha continuato il presidente della 21 Luglio; e poi ha concluso: «Le conseguenze di queste politiche che non presentano discontinuità rispetto al passato, sono la causa di malcontenti e tensioni che, laddove strumentalizzati, possono portare ad episodi di tensione come quelli che abbiamo visto in questi giorni a Torre Maura».

 La politica dei campi, una specificità italiana. Ma la situazione abitativa delle comunità rom è grave ovunque in Italia; così drammatica che sempre nella giornata di ieri Amnesty International ha annunciato di aver presentato un ricorso al Comitato Europeo dei diritti sociali, proprio in base ai dati sugli insediamenti formali e informali raccolti in tutto il Paese insieme all’Associazione 21 Luglio. Durante una conferenza stampa che si è tenuta nel pomeriggio all’interno della sala stampa della Camera dei deputati, infatti, la ricercatrice dell’ufficio europeo di Amnesty international Elisa De Pieri ha spiegato: «Abbiamo documentato per quasi un decennio continui sgomberi forzati, segregazione abitativa in alloggi inadeguati e discriminazioni nell’accesso dei rom agli alloggi popolari, a Roma, ma anche a Napoli e Milano». Ed è per questo, hanno dichiarato da Amnesty: «Abbiamo deciso di presentare per la prima volta un ricorso al Comitato Europeo dei diritti sociali, contestando con prove circostanziate violazioni della Carta sociale europea. Perché le condizioni abitative di migliaia di rom in Italia sono una scandalosa violazione dei diritti umani».                                     

Sono 25000 in tutta Italia le persone di etnia rom che vivono tra le baraccopoli istituzionali, e quelle informali; i “campi ufficiali” sono 127 e sono presenti in 74 comuni, equamente distribuiti sul territorio nazionale, con una prevalenza nelle periferie delle metropoli. Mentre sono più di diecimila rom, invece, che vivono negli insediamenti informali, in totale assenza di infrastrutture e servizi di base come l’accesso all’acqua e ai servizi igienico sanitari, il riscaldamento e l’energia elettrica, all’interno di una vera e propria geografia dell’esclusione, tutta italiana.