street_scene_after_sunday_morning_church_-_rubavu-gisenyi_-_rwanda

Il Ruanda verso il futuro

Il 6 aprile 1994 il Ruanda vide l’inizio di una carneficina, con la morte di oltre 800.000 persone in circa 100 giorni. Oggi il Ruanda, 11 milioni di abitanti, è una nazione in forte crescita economica, che sta affrontando una dopo l’altra sia le conseguenze del Genocidio sia il confronto con la globalizzazione. Il ricordo degli eventi dell’aprile del 1994 è molto vivo tra i ruandesi, l’intero paese è disseminato di luoghi della memoria, dove si sono svolte le uccisioni di uomini, donne e bambini. L’attribuzione di conflitti etnici presenti nel territorio è stata una distorsione storica, legata alle politiche di colonizzazione europea, che fomentarono le divisioni per meglio governare il paese. La distinzione tra Tutsi Hutu era di tipo sociale: gli Hutu, la classe popolare dedita storicamente all’agricoltura, e i Tutsi, la classe dirigente che possedeva il bestiame e che ha governato il territorio fino all’avvento del dominio coloniale.

La strumentalizzazione etnica è avvenuta quando dopo l’indipendenza, gli Hutu sono stati supportati da Belgio e Francia nel controllo dello Stato. Il Ruanda nel 1994 era una repubblica governata dalla maggioranza Hutu; all’indomani della morte del presidente Habyarimana, ucciso in volo da un razzo lanciato contro l’aereo sul quale viaggiava, gli estremisti Hutu ritennero i Tutsi responsabili dell’accaduto e nel giro di poche ore esecuzioni sommarie di Tutsi, perpetrate con qualunque tipo di arma, decimarono la popolazione. Simbolo drammatico di quei giorni fu il machete, che divenne un’arma letale in mano agli Hutu e segnò una lunga scia di sangue per il paese.Nelle campagne e nelle città i pochi sopravvissuti scapparono nelle foreste e si nascosero per i successivi due mesi. Nel giugno 1994 le forze armate francesi entrarono in Ruanda, cominciando a fermare la carneficina, mentre iniziava la fuga verso il vicino Congo, allora Zaire, di molti Hutu, che avevano assassinato i loro vicini di casa, amici e concittadini. Il Rwanda Patriotic Front (Rpf), costituito da Tutsi in esilio in Uganda alla guida del comandante Paul Kagame, entrò nel paese all’inizio di luglio del 1994, ponendo fine al Genocidio.

Il primo processo ufficiale contro i crimini del 1994 fu aperto nel 1996 dall’International Criminal Tribunal for Rwanda (Ictr), nel frattempo nel paese si contavano i danni infiniti causati dal Genocidio: intere famiglie scomparse, luoghi pubblici devastati, documenti ufficiali bruciati e mancanza di personale per riaprire uffici, scuole, ospedali, tribunali. Nel 1998 fu istituito il Fund for Neediest Survivors of Genocide (Farg) per fornire ai sopravvissuti diversi tipi di sostegno, dando soprattutto ai tanti orfani la possibilità di riprendere gli studi. Nel 1999 fu identificato un luogo dove dare degna sepoltura ai resti dei tanti cittadini massacrati, e lì iniziò la costruzione del Genocide Memorial, inaugurato nel 2004. Nel 2000 Paul Kagame fu eletto presidente del governo transitorio del paese e nel 2003 divenne ufficialmente presidente della Repubblica, ruolo che conserva ancora oggi, al terzo mandato dopo le elezioni del 2017. Alla guida del paese è riuscito a trainare il piccolo stato verso un’economia in crescita esponenziale. Oggi in Ruanda non si parla più di Tutsi e Hutu, ma di un solo popolo: coloro che sono nati dopo il Genocidio sono stati educati nella logica dell’ingando, che significa promuovere una sola nazionalità, riconciliazione e mai più differenze etniche.

Il Ruanda conta la più alta percentuale al mondo di donne presenti al Parlamento (63%)Nel 2000 l’acqua potabile era accessibile al 47% della popolazione, mentre oggi si supera il 70%. L’aspettativa media di vita nei primi anni ‘90 era sotto i 40 anni, oggi è di 64. Dal 2003 il governo ruandese ha introdotto un programma di assicurazione legato alla salute e oggi quasi il 100% dei bambini riceve delle vaccinazioni. Il Ruanda è oggi il paese del Centro Africa con il più basso rapporto di debito, è il primo paese del continente per l’incorruttibilità e la trasparenza del governo e secondo il Rapporto Gallup 2016 è al secondo posto in Africa per sicurezza e fiducia dei cittadini nella polizia locale. Il Ruanda per la Banca mondiale è il paese dell’Africa Continentale dove è più facile fare impresa, nel 2015 sono stati oltre 1,5 miliardi di dollari gli investimenti esteri. Tra i settori in crescita ci sono le infrastrutture e il turismo e anche una notevole spinta per il miglioramento qualitativo dell’istruzione; dal 2013 al 2018, il ministero dell’Educazione ha lanciato una serie di sfide per combattere la dispersione scolastica, soprattutto nelle zone rurali.

Nel 2013 è nato il progetto nazionale Rwanda Education for All per garantire ulteriormente il successo delle politiche educative. La capitale è oggi il fulcro di uno dei più ambiziosi progetti di pianificazione urbana a medio-lungo termine del continenteil Kigali Master Plan 2040, un piano avveniristico di urbanistica sostenibile per sviluppare attraverso città satelliti il centro urbano mantenendo ampie zone verdi. Il Ruanda è diventato in 25 anni un modello di sviluppo e pianificazione in tutto il mondo. Restano aperte molte domande, sia sui fatti del 1994 sia sulle recenti tensioni con il Congo e l’Uganda; per molti inoltre il regime di Kagame è da sottoporre ad attenta analisi in merito alla reale democrazia che regna nel paese. Oggi Kigali, dove vive più di un milione di persone, è una città che attrae turisti e il mondo degli affari, sede di incontri ed eventi internazionali. Il turismo, inoltre, grazie ai parchi nazionali che proteggono le specie in via di estinzione, tra cui i gorilla, rappresenta il settore di maggiore ingresso di valuta estera, con una crescita negli ultimi 5 anni del 25%.