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La rubrica delle parole/Bellezza

Bellezza deriva dal latino bellus, diminutivo di bonus, termine affettuoso da ambito famigliare. La Treccani definisce la bellezza “qualità di ciò che appare o è ritenuto bello ai sensi e all’anima”, un dire che non ne spiega il significato che muta nei secoli, come narra Eco nella sua Storia della bellezza.

Nell’antica Grecia, furono filosofi come Aristotele, Socrate e Platone a definirla. Specie quest’ultimo ne colse due aspetti che poi ebbero autonomo sviluppo: la bellezza come armonia e la bellezza come splendore. La prima legata ad altre qualità morali, come il bene e il vero. La seconda come ricerca di equilibrio nelle forme, specie nella scultura (le “Veneri” greche). Nel Medio Evo si scopre la bellezza del colore per decorare oggettistica e chiese. Un’immagine smagliante dà autorevolezza a chi la commissiona, come le cattedrali gotiche. Nel Medio Evo si apprezza anche la bellezza di ciò che si ascolta, come il canto dei trovatori provenzali che aprono la via alla bellezza femminile, trionfante nell’arte rinascimentale di Tiziano e Bronzino, nell’inquietudine di Correggio e nella sensualità di Rubens. Oggi si ha paura di dire la bellezza, nel proliferare di arti a corpi spezzati e foto di luoghi diroccati. Forse perché non è solo estetica, ma suggestioni d’armonia.

Si dovrebbe essere rieducati alla bellezza perché porta pace. Anche la Bibbia ci ispira. Nelle gesta di personaggi come Giuseppe, Davide, Salomone…o donne come Sara, Rebecca, Ester, Rachele… la bellezza si lega al “buono” che non è sentimento romantico, ma “essere cosa buona” perché accettano la missione affidata. La bellezza nelle Scritture nasce, infine, dai momenti di riconciliazione che sanno suscitarla: il soccorso del buon samaritano, le guarigioni di Gesù, la gioia dell’aver capito oltre i segni umani, la speranza della fede.