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Non possiamo vivere di solo Pil

Tanto più nei momenti neri e per certi aspetti pericolosi che il nostro paese sta attraversando, per irresponsabilità di questo governo ma anche per molte scelte sbagliate di quelli precedenti, è necessario, a mio avviso, cogliere e valorizzare momenti e iniziative che costituiscono, nonostante tutto, segni di speranza. Tra questi, va certamente messa al primo posto la grande manifestazione dei giorni scorsi a Milano, con 100.000 giovani in piazza per il clima e l’ambiente. Una mobilitazione imponente: oltre che a Milano anche in altre 128 città in Italia si è manifestato chiedendo ai governi di agire e non solo promettere o assumere impegni che non saranno rispettati. Qui infatti è in gioco la possibilità, o no, per i giovani, di avere un futuro, prima ancora del lavoro…

In questi anni, negli impegni di tutti i partiti, nei “patti di governo”, si è sempre affermata la necessità di una crescita sostenibile, della salvaguardia del pianeta, dell’assunzione di impegni precisi, per limitare le emissioni di anidride carbonica, principali responsabili dell’effetto serra che produce il riscaldamento del pianeta. Si potrebbe scrivere un “dolorosa storia” delle tante conferenze sul clima; con piccoli passi e grande fatica sono attualmente 196 i Paesi i cui governi hanno sottoscritto scadenze e quantità da diminuire. Nel dicembre scorso si è svolta la 24aConferenza a Katovice, in Polonia, che ha nuovamente ribadito le azioni necessarie perché la temperatura media del nostro pianeta non aumenti più di 2 gradi° entro il 2020 (impegno già assunto a Parigi nel 2015, ma non realizzato perché formulato su piani volontari e non vincolanti per i singoli stati). «La Conferenza sul clima è andata male»– affermava un titolo di giornale all’indomani di Katovice – «i governi sanno cosa fare ma per ora non lo fanno».

Ma, allora, quale crescita, quale sviluppo sostenibile sono ipotizzabili perché ci sia il lavoro senza che continuino i disastri causati dall’uomo?

«Se non agiamo–dicesir David Attenborough, divulgatore scientifico britannico che a Katovice ha inaugurato il People’s Seat, lo spazio in cui tutti i cittadini potevano intervenire e interloquire con i leader mondiali– il collasso delle nostre civiltà e l’estinzione di gran parte del mondo naturale è all’orizzonte».

Una cosa certa è che non è più possibile misurare il grado di benessere delpopolo di un dato paese solamente con il Pil, sigla ormai nota quasi a tutti perché citata in tutte le istanze economiche o finanziarie e nelle graduatorie che ci vedono quasi sempre verso la coda… Il Pil misura ilvalore aggregato, a prezzi di mercato, di tutti i beni e i servizi finali e può salire a prescindere dagli aspetti etici di certe attività, come quelle di stampo mafioso…

A livellointernazionale da tempo si discute sul fatto che il Pil non è più sufficiente a dar conto del benessere (o malessere) di un popolo: dovremmo abituarci in futuro ad avere, accanto al Pil, un altro signore chiamato Bes cioè Benessere equo e solidale. Insomma quasi la felicità. Che potrebbe essere misurata con alcuni parametri: soddisfazione, beatitudine, qualità della vita, sviluppo umano, libertà di essere e di fare, auto realizzazione…

Questa storia della felicità come diritto ha dei precedenti molto illustri, a esempio nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America dall’Inghilterra approvata nel 1776:«Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità».

Perseguire la felicità:non c’è bisogno di voli pindarici per capire di che cosa si tratti ed è più semplice da realizzare di quanto si creda. La felicità di fare una visita all’ospedale non più tardi di tre settimane da quando è stata prenotata, la felicità di raggiungere l’alpeggio con le mucche passando per una strada sterrata su cui si possa viaggiare con il camioncino o il trattore, la felicità di avere il sottobosco pulito e il terreno in pendio trattenuto dai muretti a secco, la felicità di poter andare a scuola anche nei paesi di montagna, la felicità di andare al lavoro utilizzando treni puntuali e puliti, o di salire su ponteggi sicuri, la felicità di non dover versare il latte per le strade, la felicità di coltivare perché si possa vendere la frutta con un po’ di guadagno… e tante altre felicità.

Questo sviluppo è quello che ci vuole per una crescita davvero sostenibile, perché questa crescita si nutra di tanta formazione culturale, sociale, scientifica, informatica, artistica, tecnica; è quello che, almeno in parte, può rispondere ai ragazzi e ragazze scese in piazza per difendere l’ambiente, che può offrire lavoro, futuro, autostima, solidarietà, integrazione a prescindere dal colore della pelle, che può cacciare le paure.

Foto: Di Alessandro Blasi from Rieti, Italy  Montecatini- Ex Chemical Industry, CC BY 2.0