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Ancora sulle polemiche intorno al meeting di Verona: «La società funziona se tutti i suoi cittadini sono rispettati»

Continua il viaggio dell’agenzia NEV nelle opinioni protestanti in merito alle tematiche del congresso mondiale delle famiglie. Abbiamo intervistato Christiane Groeben, vice-presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei).

Il congresso mondiale delle famiglie ha come obiettivo, così come riportato nel loro stesso sito, quello di “affermare, celebrare e difendere la famiglia naturale come sola unità stabile e fondamentale della società”. Cosa ne pensa?

Nella Bibbia non si parla della famiglia in questo modo. A partire da Adamo ed Eva, sia nel Nuovo testamento sia nell’Antico testamento, Gesù e Dio non ci trasmettono una sorta di undicesimo comandamento sull’istituto della “famiglia naturale”. Questo è un concetto creato dall’uomo, non un concetto teologico. Pensare che la famiglia sia l’unità stabile della società, oltre a non avere un fondamento biblico, è errato. Basta guardarci intorno: coppie divorziate, separate, coppie di fatto, madri sole che devono provvedere ai figli. Non possiamo creare in modo forzato una base fondativa. Se così fosse, la società sarebbe alla deriva. La società funziona se tutti i suoi cittadini sono rispettati; se oggi la situazione è diversa, lo Stato o chi di dovere deve adeguarsi e provvedere al rispetto di ogni persona. Anche noi, come persone di chiesa (almeno nella mia chiesa!) siamo chiamate al rispetto. Io mi aspetto che le mie decisioni siano rispettate, e non di essere trattata come una persona non valida perché magari sono sola, vedova, separata, o altro. La società deve prendersi cura di tutti.

Salute e dignità della donna. È uno dei punti che il Congresso si propone di analizzare. Secondo lei, come donna e come luterana, come si approccia a questi temi? Che spazio ha il corpo della donna nella fede?

Come protestanti, la nostra libertà è un principio irrinunciabile. La libertà che chiedo per me, la chiedo anche per gli altri, anche se questo a volte può essere un problema. Sulle questioni bioetiche, il discorso è molto delicato. Nella chiesa luterana abbiamo discusso molto a lungo sul fine vita e sul testamento biologico. Per quanto difficile, la tendenza è di lasciare la decisione al singolo individuo. Aiutare una persona cara a morire è una cosa che personalmente, penso, io non farei. Ma non mi sento di giudicare. Chi lo fa ne deve rispondere in prima persona. Sull’aborto, ci sono donne che vogliono partorire a rischio della vita, altre che non sono disposte. Sono decisioni personali sulle quali non possiamo ergerci a giudici, e che sono normate da leggi. Io sono contenta di essere protestante e di poter decidere liberamente, consultandomi con Dio, con chi ho vicino, per poi decidere. Non sempre è facile, ma è bello poterlo fare.

Come si sente nel sapere che alcuni cristiani propongono rivendicazioni ideologiche che mettono in discussione diritti universali che sembravano ormai acquisiti?

Mi sento male. Per noi evangelici protestanti si tratta di interpretazioni unilaterali di qualche versetto. Mi ha fatto piacere quando papa Francesco, parlando di omosessuali, si è chiesto, “chi sono io per negare loro la vicinanza e giudicarli”? Ogni persona ha il diritto di esserci, di essere rispettata e di avere una sua vita. Dobbiamo adattarci ai tempi, vedere come cambiano abitudini e giudizi. Molte trasformazioni derivano da fatti sociologici, non si tratta di leggi dettate da Dio. Occorre distinguere fra ciò che ci indica la Bibbia e la realtà intorno a noi, e trovare nuove risposte. Le risposte di ieri non valgono anche oggi. Dobbiamo accettare che la società di oggi pone delle sfide con le quali dobbiamo convivere e alle quali sopravvivere. La soluzione non si trova tornando indietro, perché le regole del passato non sono più valide e non sono in grado di realizzare ciò che abbiamo sognato e immaginato.

Immagine: via flickr.com