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L’Ebola ha un nuovo alleato

Nella Repubblica Democratica del Congo si sono svolte recentemente le elezioni provinciali, legislative e presidenziali, in un clima di tensioni e violenze; ne avevamo parlato a metà gennaio nell’articolo di Jean-Léonard Touadi, in cui si diceva tra l’altro che tre province erano state escluse dal voto, Beni, Mutembo e Yumbi, ufficialmente a causa dell’epidemia di Ebola e delle violenze in corso, anche se in molti sospettavano una ragione politica, essendo queste zone considerate vicine agli oppositori del presidente uscente Kabila.

Proprio da una di queste province, nei giorni scorsi ha lanciato l’allarme la United Methodist Church. Il vescovo della diocesi del Congo orientale Gabriel Yemba Unda ha dichiarato, come si legge sul sito della Umc, «di essere preoccupato per i centri di cura dell’Ebola, a causa degli ultimi attacchi da parte di gruppi armati», e ha esortato «l’intera comunità di Beni e Ituri ad aiutare i team che lavorano sul campo a sradicare questa malattia mortale e anche ad evitare la violenza nei centri di trattamento».

L’allarme del vescovo è peraltro condiviso, si legge nell’articolo, anche dal direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità che, dopo un recente viaggio nel Paese, ha dichiarato che «gli attacchi minacciano di ribaltare i risultati ottenuti contro l’epidemia».

Si tratta infatti della seconda più grande epidemia dalla scoperta del virus nel 1976, dopo quella che nell’Africa occidentale nel 2014-2016 ha portato alla morte di più di 11.000 persone, sancendo il passaggio del contagio dalle zone originarie, in remoti villaggi dell’Africa centrale vicini alle foreste pluviali tropicali, trasmessa dagli animali selvatici, alle zone urbane maggiormente abitate, con contagio da uomo a uomo facilitato da un’alta infettività. Secondo i dati diffusi dall’Oms, in Congo il numero di casi di questa nuova epidemia scoppiata lo scorso agosto è a quota 951, di cui 886 accertati e 65 probabili, e 598 morti. 

La Umc ha perso 80 membri nelle zone di Beni e Ituri, tra cui la moglie di un sovrintendente di distretto, contagiata accompagnando il marito in un viaggio di evangelizzazione nella regione.

La Umc è attiva insieme ad altri nella lotta contro la crescente epidemia, una lotta seriamente minacciata dagli attacchi armati che nelle ultime settimane hanno colpito alcuni centri di cura afferenti anche all’Oms e a Médecins sans Frontières, l’ultimo dei quali lo scorso 14 marzo.

Nella parte orientale del Paese si trovano numerosissimi gruppi armati, che combinati all’azione dell’Ebola aggravano una situazione economica e politica già precaria. Secondo Msd, peraltro, l’epidemia sembra ormai fuori controllo, il rischio è che possa espandersi verso sud, con le conseguenze che si possono immaginare. Peraltro, denunciava la presidente di Msf Joanne Liu, all’inizio di marzo, dopo un viaggio nel paese, la risposta pur tempestiva e la presenza di strumenti (vaccini e trattamenti) validi non sono sufficienti, di fronte alla scarsa fiducia della gente (il 40% dei decessi avviene ancora nelle proprie comunità), di certo non favorita dall’uso coercitivo delle forze armate per il rispetto delle norme sanitarie (ricoveri, sepolture…), che ha all’opposto un effetto controproducente.