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Sulla scampata tragedia di Milano

C’è mancato poco, pochissimo che la vertigine del trovarsi sull’orlo del burrone, divenisse schianto e rovina del caderci dentro. Questa è la prima sensazione dinanzi a questo drammatico evento dell’attentato all’autobus dei bambini della scuola di Crema.La cosa ci ha colpito ancora di più per due ragioni, la prima è che tra questi bambini c’era anche un figlio di una nostra sorella della comunità battista di Lodi. Con entrambi siamo statia ristorante non più di quindici giorni fa. La seconda è che a quei 51 bambini, io e Anna abbiamo parlato pochi giorni fa proprio nella loro scuola in occasione di un invito che abbiamo ricevuto dalla dirigente scolastica, per presentare la fede evangelica battista.

Una vertigine, uno scampato pericolo. Oggi sarebbe potuto essere un giorno di lutto e di oscurità. Vogliamo ringraziare il Cielo. Vogliamo ringraziare le forze dell’ordine. Vogliamo ringraziare la prontezza di quei ragazzini che hanno chiamato i soccorsi col loro cellulare (e chissà quante volte sono stati rimproverati proprio per avere sempre tra le mani quell’aggeggio).

Il sentimento di gratitudine è per noi che crediamo in Dio, anche interrogativo: cosa ci chiede il Signore di fare delle nostre vite? Cosa significa vivere come degli scampati? Come faremo a liberarci dalle paure e dalla semina di odio che questo evento ha anche prodotto, per vivere invece, anche a partire da questa vicenda, una vita di gratitudine e di servizio alla pace e alla giustizia?

Ma le domande vanno oltre noi stessi e si allargano al tempo difficile che stiamo vivendo. Chi è questo attentatore? Se è un disperato per la morte di tante vittime nel Mediterraneo, perché ha rischiato di compiere un gesto perfino peggiore contro bambini innocenti? Chi ha versato la tanica di benzina, prima di lui?

La propaganda dell’odio, il linguaggio del disprezzo, il cinismo, il voltare la faccia dall’altra parte, il calcolo elettorale, sono tutti antefatti di questa mancata tragedia, che devono farci riflettere, per mettere in moto un processo di “metanoia” che prima che essere di pentimento, in senso religioso, deve essere “ripensamento” in senso culturale.

Ogni mamma abbracci il proprio figlio, la propria figlia. Lo consoli e per quello che può, la tranquillizzi. Ma ogni mamma e ogni papà mostri compassione per i figli di tutti, ovunque le loro vite sono messe a rischio. Impariamo una lezione da questa vertigine. Lasciamoci trasformare in vista di un cambiamento profondo che coinvolga non solo la nostra città, ma il mondo intero.