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Nasrin Sotoudeh, in prigione per aver difeso i diritti umani

Nasrin Sotoudeh, avvocata iraniana da anni impegnata nella difesa dei diritti umani e molto conosciuta a livello internazionale, è stata condannata nelle scorse settimane a un totale di 38 anni di prigione e a 148 frustate.

Soutoudeh, a cui il Parlamento europeo aveva conferito nel 2012 il premio Sakharov per i diritti umani, era già stata incarcerata nel 2010 con l’accusa di «aver diffuso propaganda» e «aver cospirato per danneggiare la sicurezza dello Stato», ma era stata rilasciata dopo aver scontato metà dei suoi sei anni di condanna. Raggiunto telefonicamente da Radio Beckwith Evangelica, il marito di Nasrin Sotoudeh, Reza Khandan, racconta che quella volta «dopo tre anni di prigionia, per le condizioni che si crearono a livello internazionale, ovvero l’accordo tra l’Iran e i cinque paesi membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU più la Germania, le autorità iraniane furono costrette a liberarla. È rimasta in libertà per cinque anni e il 13 giugno 2018, otto mesi fa, è stata nuovamente arrestata».

L’avvocata è stata condannata a 33 anni di carcere e a 148 frustate, la più dura condanna inflitta negli ultimi anni contro i difensori dei diritti umani in Iran, a cui va aggiunta una condanna a cinque anni di detenzione emessa nel settembre del 2016 al termine di quello che Amnesty International definisce “un altro processo irregolare”.

Eppure in Italia non sono mancate le voci di chi ha provato a minimizzare l’entità del verdetto, parlando di “soli” 12 anni di carcere e perdendo forse di vista il vero nodo, ovvero la natura delle condanne, che mascherano l’insofferenza per il lavoro svolto da Nasrin Sotoudeh.

A sciogliere però i dubbi sulla dimensione della sentenza è una fonte diretta, passata dalle mani di Nasrin a quelle del marito, che racconta: «nel nuovo processo, Nasrin non ha avuto un avvocato difensore perché lei non ha riconosciuto la legittimità del Tribunale Rivoluzionario e non si è presentata al processo che quindi si è svolto i contumacia, senza l’impiegata e il suo legale. Sabato 9 marzo, in carcere, le è stata comunicata la sentenza. Io ho avuto soltanto oggi (ieri, ndr) la copia trascritta a mano da Nasrin del verbale del verdetto del tribunale rivoluzionario che le è stato consegnato 10 giorni fa. Questo documento elenca le seguenti condanne: sette anni e 6 mesi di carcere per l’intenzione di commettere un crimine contro la sicurezza nazionale, secondo l’articolo 610 del Codice penale islamico; un anno e 6 mesi per propaganda contro il sistema di leggi, articolo 500; sette anni e 6 mesi per la partecipazione al “gruppo illegale Legám” (articolo 499); dodici anni per istigazione alla corruzione – o deviazione – morale e istigazione alla prostituzione (articolo 639); due anni per violazione dell’ordine pubblico (art. 618); tre anni e 74 frustate per aver pubblicato falsità e aver disturbato il sistema pubblico (articolo 698); 74 frustate per essere apparsa in presenza del pubblico ministero senza il velo (art. 748). La somma delle condanne è di 33 anni e 6 mesi, da cui verrà decurtato il tempo già trascorso in carcere. Oltre a questa sentenza Nasrin era stata condannata a ulteriori cinque anni di carcere per un precedente verdetto».

Nel 2013, come detto, la scarcerazione di Nasrin Sotoudeh fu resa possibile grazie a una situazione internazionale che sembrava portare verso un’apertura politica, mentre oggi il clima è molto differente. È quindi opportuno chiedersi se le reazioni internazionali, tra cui la condanna da parte di Federica Mogherini, responsabile della politica estera dell’Unione europea, la convocazione dell’ambasciatore iraniano in Norvegia e la grande campagna internazionale promossa in particolare da Amnesty International, possono incidere sulle possibilità di una sua liberazione? «Tutte le forme di protesta sono utili, perché nel lungo periodo avranno i loro effetti. L’autorità iraniana in passato aveva arrestato e successivamente rilasciato Nasrin proprio grazie alle pressioni internazionali. Il governo è consapevole che un nuovo arresto di Nasrin avrebbe creato delle reazioni internazionali ancora più dure, ma nonostante questo ha deciso di arrestarla di nuovo. Questa volta perché venga liberata deve succedere qualcosa di molto importante».

La notizia del nuovo arresto di Nasrin Sotoudeh è diventata pubblica pochi giorni dopo la nomina da parte di Teheran di un nuovo capo del potere giudiziario, Ebrahim Raisi, molto vicino ad Ali Khamenei. L’Iran, spesso accusato di violazioni dei diritti umani, ha dichiarato di aver permesso al vice commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Kate Gilmore, di visitare a inizio marzo il Paese per una “missione tecnica”. La visita, confermata da un funzionario delle Nazioni Unite, è la prima da molti anni per gli investigatori delle Nazioni Unite per i diritti umani, ai quali è stato a lungo negato l’accesso al Paese.

Javaid Rehman, Relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Iran, ha sollevato il caso Sotoudeh al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra lo scorso 11 marzo, parlando di «preoccupanti modelli di intimidazione, arresto, procedimenti giudiziari e maltrattamenti di difensori dei diritti umani, avvocati e attivisti per i diritti dei lavoratori» che marcano «una risposta statale sempre più grave».