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Vegliare sui diritti dell’infanzia

Tutelare i diritti dei minori non accompagnati è l’obiettivo di una “cordata solidale” composta da alcune organizzazioni, associazioni e sindacati: tra gli altri, Esercito della Salvezza, Cimade, Médecins sans frontières, Caritas, Unicef, Consiglio nazionale per la protezione dell’infanzia e Fédération de l’Entraide protestante (Fep).

I diciannove firmatari si sono rivolti al Consiglio di Stato con un appello per la tempestiva sospensione del decreto firmato lo scorso 30 gennaio dal Primo Ministro, che autorizza la schedatura dei migranti minorenni non accompagnati e la creazione di un database nazionale a “Supporto alla valutazione della minore età” (Appui à l’évaluation de la minorité), un titolo che già mette in luce il problema, il sottile confine da cui dipende la possibilità o meno di accedere agli aiuti all’infanzia (Ase).

I rischi di questo provvedimento emergono anche dalla raccolta firme online lanciata dalla maggioranza di quelle stesse organizzazioni, e aperta fino al 5 aprile: al momento sono state raccolte circa 20.000 firme, l’obiettivo è 25.000. La petizione accusa in particolare una criminalizzazione pregiudiziale di questi giovani, chiamati a fornire impronte digitali, fotografie e dati personali, e in caso di rifiuto segnalati come sospetti ai Consigli dipartimentali, nonostante (accusano le organizzazioni) in diversi casi proprio i servizi dipartimentali abbiano loro attribuito a torto la maggiore età, decisione poi ribaltata dal giudice minorile. Con questo decreto, accusa la petizione, la cura di questi ragazzi e ragazze passa dai servizi per la protezione dell’infanzia ai commissariati e prefetture, con tutte le conseguenze del caso.

Come si legge nel comunicato della Fep, infatti, «predisponendo la schedatura dei minori per finalità diverse da quelle legate alla loro protezione, prevedendo la raccolta dei loro dati personali e la possibilità di incrociarli con altri database, permettendo alle prefetture di allontanare questi giovani senza che il giudice minorile abbia potuto pronunciarsi sulla loro situazione, queste disposizioni incidono negativamente sui diritti dei minori».

Tutte le organizzazioni coinvolte hanno espresso le loro riserve già prima dell’attuazione del provvedimento, e non hanno mai smesso di chiedere l’abbandono del progetto di legge e del decreto attuativo, si legge ancora sul sito della Fep: «Le nostre organizzazioni intendono ottenere rapidamente dal Consiglio di Sato la sospensione del decreto attuativo per porre fine alla sperimentazione da poco avviata in vari dipartimenti (Essonne, Isère e Basso Reno) e, in definitiva, ne chiedono l’annullamento. Consideriamo infatti un imperativo del Consiglio costituzionale vegliare sul rispetto dei diritti dell’infanzia garantiti dalla nostra Costituzione».

Da tempo ormai la Fep e le altre associazioni, come la Cimade, altra organizzazione di matrice protestante, si adoperano per le centinaia di giovanissimi esclusi dal sistema di protezione dell’infanzia e a rischio di espulsione: una situazione che, denunciava la Cimade a fine 2018, «non è colpa di un flusso massiccio di giovani migranti, ma è causata dal rifiuto di certi dipartimenti e prefetture di dare loro accesso ai loro diritti». Da qui l’esigenza, da parte della Cimade, di dotarsi di strumenti per comprendere e gestire il problema, tra cui un libretto di una ventina di pagine scaricabile dal suo sito Internet per conoscere la situazione di questi “giovani in pericolo”, a partire dall’assunto per cui hanno diritto ad accedere al sistema di protezione dell’infanzia, «a prescindere dal fatto che abbiano 9 anni o 17 e mezzo» e non a essere inquadrati in un regime giuridico a parte soltanto perché stranieri e soli.