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I Buonisti buoni senza frontiere

Anche io, come molti, sono rimasto particolarmente colpito dall’incidente aereo in Etiopia del volo ET 302. Forse perché mi è capitato di volare sullo stesso volo. Forse perché viaggiando spesso in Africa mi sono immedesimato in coloro che conoscevano personalmente le vittime. Diversi di quelli che hanno perso la vita erano persone che conoscevo come amici di amici.

Certamente Paolo Dieci che per chi frequenta il mondo della cooperazione era un nome importante, così come conosco Africa Tremila di Bergamo.

Una persona mi era ancora più vicina, non italiana, si chiama Danica Olexova, slovacca, una cooperante molto impegnata a Nairobi per Rko, una organizzazione che sostiene progetti in Africa e che collabora in Kenya con l’associazione Cittadinanza di Rimini in un progetto per disabili nella baraccopoli di Kibera.

Questa mattina mi sono sentito al telefono con padre Kizito, amico missionario comboniano che da molti anni vive in Africa e mi parlava di altri amici che ha saputo essere sul quel Boeing 737, come un prete keniano molto impegnato nel sociale e una suora missionaria come lui.

A guardarlo bene, quell’elenco di 35 nazionalità diverse ci dice tante cose. Ci parla di un mondo un po’ di verso da quello che ci vogliono far credere, chiuso nelle proprie frontiere, dove qualcuno viene prima di qualcun altro. Un mondo fatto di confini da difendere. A guardarlo bene quell’elenco ci parla di un mondo fatto di persone che gli unici confini che cercano di superare sono quelli della separazione sociale, della povertà, del cambiamento climatico che ci sta conducendo in un vortice pericoloso.

Ci parla di Sarah Auffret, 30 anni, cittadina francese e britannica, lavorava per Aeco (Association of Arctic Expedition Cruise Operators) organizzazione norvegese che promuove il turismo sostenibile al Polo Nord. Laureata in Studi Europei all’Università di Plymouth, ha lavorato in Australia, Germania, Argentina, Giappone, Novergia e Antartide sempre nell’intersezione tra turismo e salvaguardia ambientale. Come molti passeggeri, era diretta a Nairobi alla Conferenza Unep, programma Onu per l’ambiente.

Anche l’indiana Shikha Garg, consulente per Undp presso il Ministro dell’Ambiente della Repubblica dell’India era diretta alla conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico.

Anne Musyoki, era la responsabile regionale di TechSoup, organizzazione che mette a disposizione del non-profit soluzioni informatiche d’avanguardia, rientrava a Nairobi dopo aver partecipato come keynote speaker agli Open Days dell’Innovazione organizzati a Torino da Cariplo e Compagnia di San Paolo.

Quell’elenco ci parla di Pius Adesanmi, nigeriano con passaporto canadese. Professore universitario, intellettuale, autore di articoli e libri e molto attento e critico nei confronti delle dinamiche nigeriane.

Karim Saafi, 38 anni era un leader emergente nel dialogo euro-africano come co-fondatore e presidente di African Diaspora Youth Forum in Europe, importante rete di giovani imprenditori di origine africana in Europa. In questa veste era diretto a Nairobi per partecipare a un convegno Ecosooc, organismo dell’Unione Africana dedicato alla società civile. Nato e cresciuto da genitori tunisini a Saint-Geremain-En-Lay, una delle tante banlieue   parigine, risiedeva da tempo a Bruxelles dove aveva completato gli studi in Economia.

In un altro tempo, distante pochi giorni, se avessimo messo insieme tutte queste persone, e molte altre per la verità che erano su quel volo, saremmo caduti nella retorica dei buonisti. Di chi si impegna in prima persona per cercare di costruire un mondo migliore, più giusto, più aperto, meno soffocato.

Mauro Biani ci invita a recuperare da questa tragedia il significato nelle parole e delle cose. E ti torna il dubbio che eravamo solo buoni. Quello che è certo è che oggi il mondo intero senza di loro è più povero.

Immagine su gentile concessione di Mauro Biani