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Dio, il buon pastore

Io cercherò la perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò la ferita, rafforzerò la malata
Ezechiele 34, 16

Gesù dice: «Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e una di queste si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti per andare in cerca di quella smarrita?»
Matteo 18, 12

Questa pagina di Ezechiele, parte del secondo ciclo delle sue profezie, è una pagina piena di speranza. Ci presenta Dio nella immagine biblica del pastore. Il testo è facilmente comprensibile. 

I pastori politici, ma anche quelli religiosi, sono sovente più interessati a realizzare il proprio vantaggio ed il proprio guadagno. Sono dei veri mercenari che non si preoccupano della difesa del proprio gregge, dei diritti di quelli che sono più fragili e poveri.

Dio invece è il difensore di coloro che sono indifesi, smarriti, bisognosi di aiuto. Egli è il Buon Pastore che ristora l’anima e conduce lungo i sentieri di giustizia (Salmo 23).

Gesù è la figura del «Pastore grande delle pecore e guardiano delle nostre anime» (Eb. 13, 20 e 1 Pt. 2, 25), che con amore e passione cura il suo gregge. Una guida sicura, una autorità esercitata nella donazione e nella gratuità.

Si notino bene le azioni premurose del Signore presenti in questo testo di Ezechiele: «cercare, curare, passare in rassegna, radunare dalla dispersione, condurre al pascolo, far riposare, cercare la perduta, ricondurre la smarrita, fasciare la ferita, curare la malata».

La sovranità di Dio è affermata non nella lontananza, bensì nella vicinanza all’uomo. Scriveva Agostino nelle Confessioni: «Tu eri dentro di me ed io stavo fuori e ti cercavo qui, gettandomi impuramente su queste cose belle che pure sono tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te; mi trattenevano lontano da te le creature che senza di te nemmeno esisterebbero. Tu mi hai chiamato e gridato fino a rompere la mia sordità. Mi hai toccato ed ardo del desiderio della tua pace».