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Rom e Sinti in sciopero della fame

«Domani 26 Febbraio dalle 15 davanti a Montecitorio una delegazione della rete Kethane – Rom e sinti per l’Italia inizierà uno sciopero della fame contro la violenza razzista», lo si legge nel comunicato stampa inviato dalla rete che ricorda anche il recente episodio di violenza avvenuto lo scorso giovedì 21 febbraio all’interno della metropolitana romana, dove un uomo di 29 anni con un taglierino ha ferito alla nuca un bambino di 11 anni. 

«Il bambino è rom e l’aggressore è italiano – si legge ancora –. L’uomo urlava: “Voglio ammazzarvi tutti “ e ha accusato il ragazzino di averlo derubato di 70 euro. Il bambino non aveva in tasca i 70 euro. Che rubino, che chiedano la carità, o non facciano niente, gli “zingari” sono da rieducare. Proprio come la bambina di 18 mesi che a Roma mentre era in braccio alla madre è stata colpita alla schiena con un fucile a piombini; oppure il sinto che nel Bresciano venne preso a fucilate mentre scappava dal suo camper al quale un criminale aveva dato fuoco».

La rete Kethane – Rom e Sinti per l’Italia inizierà dunque lo sciopero della fame per «testimoniare la sofferenza dei Rom e Sinti in Italia. Per affermare il rifiuto del razzismo, del pregiudizio. Chiediamo – si legge ancora nel comunicato – ai rappresentanti del popolo italiano, del quale noi siamo parte, il rispetto dei principi costituzionali che ci rendono uguali di fronte ai diritti e ai doveri; chiediamo che sicurezza e giustizia abbiano lo stesso significato per tutti; chiediamo di applicare la Costituzione, riconoscendo e tutelando la minoranza rom e sinta come avviene per tutte le altre minoranze. La ruspa è oggi un simbolo, lo sgombero una pratica che incoraggia la giustizia fai da te. L’odio è stato sdoganato. Da anni le nostre comunità sono esposte a campagne di pregiudizio e discriminazione che negli ultimi tempi trovano sostegno e giustificazione. […] Questa pressione rende la vita dei Rom e dei Sinti una lotta quotidiana, che non tocca soltanto la parte più povera e più visibile della comunità, ma colpisce anche quella più integrata e meno esposta, a tal punto da costringere molti a nascondere la propria identità per poter avere un po’ di serenità».