1434660979_d1af271632_b

Meno parlamentari, più Parlamento

L’argomento “riduzione del numero dei parlamentari” è uno di quelli oggetto di mirabolanti promesse da parte di (quasi) tutti i partiti in campagna elettorale, (come l’abolizione del vitalizio), ma puntualmente non realizzate anche senza una precisa volontà contraria, ma a causa di uno scioglimento anticipato delle Camere o di lungaggini burocratiche. Naturalmente il commento da bar che si sente in queste occasioni è riferito alle poltrone cui i politici eletti sarebbero attaccati, senza nessuna intenzione di abbandonarle: un commento qualunquista, che tuttavia contiene qualcosa di evidente.

In questi giorni al Senato è iniziato l’iter, come si dice, del disegno di legge sulla riduzione del numero dei parlamentari presentato dal governo, molto strombazzato nella campagna elettorale del M5Stelle. Del resto anche il governo guidato da Renzi lo aveva fatto. Se il provvedimento venisse approvato, i senatori diventerebbero 200 e i deputati 400, mentre ora sono complessivamente 945 più i senatori a vita. Difficile negare che un dimagrimento sarebbe positivo, anche nei confronti di altri stati europei.

E’ stato calcolato che, ad esempio, la spesa a carico di ogni cittadino per il mantenimento del Parlamento è di quasi 25 € in Italia, solo di 1,8 in Spagna, di circa 8 in Francia, di 3,9 dollari per un cittadino statunitense. In Italia il costo complessivo del mantenimento di Camera e Senato, è di oltre 1 miliardo e 800 milioni di €: E’ chiaro che abolendo i vitalizi ed eliminando una serie cospicua di sprechi ci sarebbe un bel risparmio: e tuttavia il costo dei 945 parlamentari costituisce appena lo 0,21% della spesa pubblica. Si dice anche che la questione non è se sono troppi o no, ma se sono bravi, competenti, onesti. Giusto, anche se è difficile sostenere che 600 non sarebbero sufficienti. Naturalmente poi ci sono quelli che vanno in Aula unicamente per schiacciare il bottone (e magari anche quello del vicino di banco assente… si chiamano “pianisti”).

Ma chi si occupa oggi di formare una classe dirigente adeguata, all’interno della quale scegliere i migliori per governare il paese? In certi momenti della storia italiana, i partiti, nella loro profonda diversità, o il sindacato, hanno svolto questa essenziale funzione che nessuna Rete può sostituire.

Se questo è vero, allora diventa chiaro che la ventilata diminuzione dei parlamentari non è soltanto una questione economica, ma riguarda la democrazia.  Come è successo in tutti i tentativi nelle molte commissioni bilaterali. Tutte hanno proposto modifiche della seconda parte della Costituzione, ad esempio diverse funzioni del Senato e della Camera,  Senato delle Regioni… ma finora tutte le proposte di modifica costituzionale sono state bocciate, in ultimo con il referendum del marzo 2016 che segnò anche la netta vittoria dei No, in realtà più per dire Basta al governo Renzi  che alle modifiche  costituzionali.

 Il nuovo governo Conti – Salvini- DiMaio – sembra attualmente impegnato soprattutto a non far capire da che parte intende andare, dicendo tutto e il contrario di tutto, perché non gli interessa governare l’Italia, (e forse non lo sa fare) bensì conquistare di volta in volta, l’approvazione popolare con provvedimenti mirati (dalle pensioni, al reddito di cittadinanza, al decreto sicurezza…)

La pericolosità del populismo consiste nell’essere l’estremo limite della democrazia rappresentativa. Quando il populismo diventa potere di governo si corre il rischio di un’uscita dalla democrazia e dall’ordine costituzionale, si mette a rischio l’eguaglianza formale che la Costituzione dovrebbe proteggere. Quando si sente dire da un membro del governo (lo fece anche Berlusconi) che la sua azione conta di più di quella di un giudice perché lui è stato eletto dal popolo mentre il giudice è stato nominato (dalla casta), siamo al limite. L’ ideale di un governo populista è di restare al potere con il favore del popolo riducendo al minimo il ruolo del Parlamento (schiacciare un bottone per la fiducia) e di tutti gli organismi intermedi, come i sindacati, dove avveniva il confronto, l’individuazione degli obiettivi per cui mobilitarsi, la formazione politica, la capacità di governo.

Il populismo è pericoloso anche perché lo si confonde spesso con movimenti popolari di tipo solidaristico, perché ci sono, per semplificare, populismi di destra e di sinistra… ma in comune c’è questa insofferenza verso il Parlamento e il suo funzionamento, per la lentezza nell’approvare le leggi… ed ecco allora che molti dicono: meglio l’efficienza e la democrazia diretta del populismo, che si combina assai meglio con sovranismo, nazionalismo… e poi?

Dunque, per tornare all’inizio, anche un argomento pratico, di razionalizzazione del lavoro, come la riduzione del numero dei parlamentari, può diventare un tassello per “alleggerire” il ruolo legislativo della Camera e del Senato, nella pericolosa china verso la demolizione della nostra democrazia rappresentativa.

Meno parlamentari si può fare senza danno e con un po’ di risparmio, meno Parlamento è preferibile di no. Anche se purtroppo andare in Aula per schiacciare il bottone per dare o no la fiducia al governo, più che democrazia è umiliazione per i parlamentari che fanno il loro dovere nei confronti del paese che li ha eletti.