leonardo_da_vinci_battle_of_anghiari_tavola_doria

La bottega di Leonardo

Il 2019 ricorrono i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci. A distanza di mezzo millennio si continua a citare il genio rivoluzionario di questo artista e scienziato a cui, per l’occasione vengono dedicati parecchi incontri e varie mostre.

Una di queste è a Torino, a Palazzo Cavour fino al 12 maggio. Il titolo è La bottega di Leonardo – Opere e disegni in mostra, e sottolinea la profonda influenza che l’artista ha impresso su chi l’ha seguito, allievi in primis.

Il curatore della mostra, Nicola Barbatelli, rispetto al “peso” artistico di da Vinci dice: «Leonardo crea uno squarcio rispetto al suo tempo che non è solo riferibile alla pittura. La sua genialità  irrompe a partire dalle opere della giovinezza fino a quelle della maturità e si offre al pubblico attraverso delle rivisitazioni intellettuali, anche dei testi del Vangelo. Basti pensare alla disputa della prima pala, quella della Vergine delle Rocce, fino ad arrivare a tutta una serie di raffigurazioni che sono intese da Leonardo con una dialettica morale completamente diversa rispetto al suo tempo»

 

Tutto quello che ha lasciato Leonardo, che si tratti di pensieri sulla meccanica, di ingegneria, di riflessioni in ambito militare, edile, idraulica, ci affascinano. Così come è importante la reazione che ha scatenato in ambito pittorico e sulla poetica artistica sua contemporanea.

 

La punta di diamante della mostra è la Maddalena discinta che offre un modello inedito per quanto riguarda la pittura del ‘500. È una Maddalena che manca dei suoi più tipici attributi. Un dipinto straordinario da tempo attribuito a Leonardo e Giampietrino, che però è stato posto in dubbio in favore di un altro altrettanto dotato discepolo: Marco d’Oggiono.

La mostra si completa con due disegni straordinari tra cui uno autografo di Leonardo, uno studio per la Battaglia di Anghiari e una testa di uomo. Ci sono anche dei progetti rimasti incompiuti, poi  passati, attraverso le sue memorie, agli allievi che in maniera più o meno autonoma hanno portato avanti la sua filosofia pittorica e anche teologica.

 

Proprio rispetto a questo continua Nicola Barbatelli: «Parliamo della conversione di tutta una serie di combinazioni tra stilemi teologici che Leonardo interpreta attraverso una sua concezione della sacralità. Si può prendere a esempio la figura del bambino: essendo stato lui stesso stato un orfano, un figlio illegittimo, la raffigurazione del fanciullo con la madre ha tutti i connotati di una sofferenza che è stata sua, che è stata recepita e che viene trasferita attraverso un impianto iconografico autonomo. Questi modelli hanno avuto una grande influenza sugli stessi allievi e poi, nelle epoche successive, sugli artisti francesi che hanno ripreso questi influssi dopo la morte dell’artista. Pensiamo anche a un’altra opera che forse non ha niente a che fare con l’aspetto teologico, che è la Gioconda. Ancora oggi dopo cinque secoli disquisiamo sul riconoscimento del paesaggio, sull’enigmatico sorriso, sull’espressione. Questi testi di pittura irrompono in una modulistica iconografica arcaica e squarciano le tenebre di un andamento pittorico che fino a quel momento era rimasto vincolato a certi caratteri che erano ormai consolidati ed unici».