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E laicità sia

Vince con il 55% dei votanti la legge sulla laicità del cantone di Ginevra, secondo il referendum tenutosi ieri domenica 10 febbraio (ne avevamo parlato qui). L’assai discussa norma, adottata quasi un anno fa dal cantone, alla fine è stata quindi confermata. In particolare, i cittadini (tranne quelli dei due comuni di Avully e Vernier, gli unici in cui è prevalso il no) hanno accettato l’interdizione a esporre simboli e indumenti religiosi in luogo pubblico da parte di dipendenti ed eletti, uno dei passaggi più controversi della legge, in un dibattito polarizzatosi tra chador sì e chador no.
Scettici e preoccupati infatti i musulmani che, tramite il portavoce dell’Unione delle organizzazioni musulmane di Ginevra, Vahid Khoschideh, sottolineano il crearsi di un problema laddove prima non c’era, facendo al tempo stesso il gioco degli estremisti che avranno l’occasione per attaccare una società che li discrimina. Nel concreto, la norma colpirebbe alcune decine di musulmani, impiegati pubblici, su un totale di 30.000 musulmani (il 90% dei quali non praticante).
Un’approvazione trasversale, per motivi diversi, arriva sia dalla destra (Udc) sia dalla sinistra radicale, anche se auspicando una «applicazione intelligente» della legge da parte del Consiglio di Stat, tenendo conto dell’ampia minoranza che non l’ha sostenuta.
I sostenitori del sì hanno apprezzato il tentativo di mettere ordine nei rapporti fra Stato e comunità religiose, regolati da norme antiche, che non tenevano conto di un contesto ormai mutato.
Approvazione anche da parte delle tre chiese cristiane principali (Chiesa cattolica romana, Chiesa protestante di Ginevra e Chiesa cattolica cristiana), che hanno definito l’esito del referendum un passo avanti per la pace religiosa, alludendo alle evoluzioni riguardanti l’insegnamento del fatto religioso, la cappellania, la lotta contro le derive settarie, la chiarificazione dei rapporti fra comunità religiose e Stato e la neutralità di quest’ultimo. In un comunicato congiunto, hanno dichiarato che «la legge sulla laicità dello Stato chiarisce i termini della neutralità dello Stato e stabilisce delle regole comuni per l’insieme delle comunità religiose stabilite nel cantone». Le chiese hanno inoltre dichiarato il loro impegno a favore di una convivenza religiosa pacifica e di «un dialogo costruttivo con coloro che, fra i musulmani e le musulmane, si sentono minacciati nella loro identità, per proseguire insieme la riflessione sugli aspetti che toccano le convinzioni di fede e la loro espressione».
Le tre chiese, consapevoli della perfettibilità della legge e degli aspetti più controversi, si sono infine impegnate a mantenere alta l’attenzione sul tema e all’applicazione «con discernimento» della normativa, in particolare per quanto riguarda l’esposizione di segni religiosi e l’utilizzo di luoghi pubblici per attività di culto, su cui sono già stati presentati diversi ricorsi, sia da parte dei musulmani sia dal Réseau Evangélique de Genève, la rete che raggruppa diverse denominazioni, tra cui Esercito della Salvezza, Chiesa evangelica apostolica, Assemblee di Dio, Chiese evangeliche libere.