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Borrometi: «Peggio delle mafie c’è solo la cultura mafiosa»

«Nei miei articoli faccio sempre nomi e cognomi di chi vorrebbe cancellare la bellezza (come diceva Peppino Impastato: “educare alla legalità è educare alla bellezza, perché la bellezza è potente”) mettendo le loro facce. Perché i nostri ragazzi quelle persone le incontrano per strada, al bar, in piazza, ed è giusto che possano decidere se abbassare la testa o guardarle negli occhi con fierezza, far intendere loro: “io non sono come voi”», così Paolo Borrometi, giornalista minacciato dalla mafia e presidente dell’Associazione Articolo 21, liberi di… scrive nel suo libro Un morto ogni tanto. La mia battaglia contro la mafia invisibile, edito da Solferino, che sarà presentato domani 9 febbraio a Torino alle 18 a Binaria book, la libreria del Centro commensale del Gruppo Abele in via Sestriere 34.

«Peggio delle mafie – prosegue Borrometi – c’è solo la cultura mafiosa. Che è anche quella per cui se andiamo in posta, la prima cosa che facciamo è vedere se dietro allo sportello c’è l’amico impiegato a cui fare un cenno, per farci passare davanti a chi ha un numero migliore del nostro ed è in fila da tempo. O che ci fa salire sull’autobus senza biglietto. Piccole grandi cose da cambiare che i giovani comprendono come e più degli adulti, ma spesso rassegnati a una società che mai potrà cambiare in meglio. Che una rivoluzione simile possa essere pericolosa lo sanno bene le mafie, al punto di cercare di soffocarla sul nascere». Borrometi domani dialogherà con Gian Mario Gillio, giornalista di Riforma e portavoce del Circolo Articolo 21 Piemonte

Interverrà la vicepresidente del Senato della Repubblica Anna Rossomando

Brani del libro saranno letti dall’attriceLuisa Trompetto.