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Una saponetta contro lo sfruttamento

Domenica 3 gennaio si è giocata ad Atlanta, Georgia, la finale del Super Bowl, il campionato di football americano che ogni anno incolla milioni di statunitensi agli schermi, con gli indici di ascolto più alti in assoluto. Anche la città coinvolta di volta in volta dal grande match si trasforma in una baraonda di incontenibile eccitazione. Ma, come accade in tutti i grandi eventi in cui il tasso di adrenalina (e magari anche quello alcolico) si alza, al di sotto delle luci degli schermi ci sono molte ombre. Sfruttamento sessuale, adescamento di minori, violenze di vario genere: una realtà che associazioni e chiese hanno deciso di affrontare e combattere.

In occasione dell’ultimo Super Bowl, la diocesi della Chiesa episcopale di Atlanta ha promosso una campagna di sensibilizzazione, soprannominata Soap up Atlanta, attraverso i kit da bagno degli hotel (saponette, salviette struccanti…).

La campagna è stata organizzata dalla Commissione sul traffico sessuale minorile nazionale appoggiando l’iniziativa dell’organizzazione Soap (acronimo per Save Our Adolescents from Prostitution), fondata nel 2010 da Theresa Flores, una ex vittima di tratta e già attiva in passate edizioni del Super Bowl (a partire da Dallas 2011) con iniziative analoghe. A oggi Soap ha raggiunto più di 17 Stati e 30 città, mobilitando 100.000 persone e ponendo su più di un milione di saponette l’etichetta con le indicazioni utili e il numero verde, attivo 24/7 in 170 lingue, per le vittime potenziali e per coloro che sono stati testimoni di un episodio di sfruttamento.

Circa 200 volontari si sono quindi radunati alla All SaintsEpiscopal Church di Atlanta alla vigilia della grande finale del Super Bowl e, dopo avere ascoltato la testimonianza di Theresa Flores e i dati scioccanti sul fenomeno, si sono messi al lavoro. La stessa iniziativa si è ripetuta nella sinagoga Ahavath Achim il giorno seguente.

Le statistiche hanno mostrato una realtà inquietante, che ha sconvolto i partecipanti. Secondo l’Ufficio governativo per i bambini e le famiglie della Georgia, in questo Stato ogni mese 12.400 uomini pagano per una prestazione sessuale e di questi più di 7000 coinvolgono un’adolescente. L’età media di ingresso nel mercato del sesso è di 12-14 anni, spesso si tratta di giovanissime (e giovanissimi) immigrate, in alta percentuale di origine ispanica. Negli Usa si stimano fra 100.000 e 300.000 ragazzini sfruttati sessualmente (e 244.000 sarebbero a rischio).

Per la Commissione, attiva già da alcuni anni, Soap up Atlanta è la prima campagna di questo genere, ma la Chiesa episcopale è già stata impegnata nel passato in iniziative contro lo sfruttamento sessuale, a partire dalle risoluzione della General Convention del 2009 in cui si è impegnata «per la protezione di tutte le vittime di traffico umano». Nel 2014, in occasione di un altro Super Bowl si era unita a una iniziativa interreligiosa nel New Jersey, con seminari e laboratori.

Soap up Atlanta ha avuto risultati. Le saponette sono state consegnate agli hotel dell’area di Atlanta, che si sono dimostrati molto ricettivi, insieme a materiali informativi e  manifesti con le fotografie di minori scomparsi. Questo ha contribuito a sensibilizzare il personale stesso degli hotel, infatti in più di un caso i dipendenti hanno segnalato alle autorità vittime potenziali e riconosciuti alcuni ragazzi dai manifesti.

Gli organizzatori sono consapevoli che il traffico sessuale non si vince in una volta sola, con un colpo di spugna. Ma forse, con tenacia e pazienza, può farlo una saponetta dopo l’altra.

 

Foto: Wikimedia Commons