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«Bibbia, donne e profezia. A partire dalla Riforma»

Venerdì 1 febbraio alle ore 17.30 presso la sala valdese, in via Marianna Dionigi 59 (Roma), la Facoltà valdese e la libreria Claudiana di Roma insieme al Coordinamento teologhe italiane (CTI), organizzano la presentazione del libro «Bibbia, donne, profezia. A partire dalla Riforma» (ed. Nerbini, Firenze 2018), a cura di Letizia Tomassone e Adriana Valerio. Intervengono il prof. Fulvio Ferrario, Facoltà valdese di teologia, e la prof. Francesca Brezzi, Università Roma Tre.

Alla curatrice Letizia Tomassone, pastora della chiesa valdese di Firenze e docente di «Studi femministi e di genere» presso la Facoltà valdese di teologia (Roma), abbiamo chiesto di parlarci di questo libro collettivo, il cui filo rosso è l’aver messo in luce il pieno coinvolgimento delle donne protestanti e cattoliche nella costruzione della modernità. Da un lato le donne sono state protagoniste delle trasformazioni della chiesa nel XVI secolo, dall’altro sono state oggetto di intervento da parte di autorità che volevano declinare per loro spazi, ruoli e immagini identitarie.

«L’idea di questo libro è nata dal lavoro di preparazione del convegno sulle donne della Riforma, che si è tenuto in occasione delle celebrazioni per i 500 anni della Riforma protestante, organizzato dalla Facoltà valdese di teologia e dal Coordinamento teologhe italiane nel 2017. Vi parteciparono storiche e ricercatrici importanti a livello europeo. Lo scopo era non solo di dare visibilità alle donne che avevano partecipato alla Riforma protestante ma anche di mostrare che le donne non iniziano a prendere la parola con la Riforma ma che la predicazione e la competenza biblica delle donne cristiane sono precedenti al XVI sec. Inoltre, si trattava di capire come Lutero, Calvino e gli altri riformatori avessero reagito nei confronti di questa voce delle donne che era libera e capace di creare società. Per esempio, dalle fonti storiche emerge che a Ginevra Calvino ha cercato di ignorare la predicazione di Marie Dentière, figura che è stata riscoperta negli ultimi decenni. Solo pochi anni fa il nome di questa donna è stato inciso sul muro della Riforma di Ginevra: era una predicatrice e la sua predicazione ha preparato il terreno per l’arrivo del noto riformatore e la conversione di Ginevra. Al convegno hanno partecipato anche delle studiose che hanno lavorato sulla predicazione pubblica delle donne nel mondo protestante nei periodi storici successivi – il 600, il 700 fino all’800 –, questo ha arricchito il lavoro di questo testo che ritengo di grande valore».

Nel titolo del libro oltre al binomio donne-Bibbia, c’è anche la parola «profezia». Cosa indica questo termine?

«Il punto è che nel cristianesimo la predicazione delle donne è stata messa fuori dall’istituzione, è stata ritenuta piuttosto come una spinta profetica dovuta all’azione dello Spirito Santo, dunque non un ministero vero e proprio. Le donne sono state viste come profetesse che lo Spirito ha spinto in circostanze precise a fare delle azioni particolari, anche dirompenti, la cui predicazione era considerata impulsiva, poco meditata. Si tratta di uno stereotipo che nel mondo protestante è stato contrastato dalle donne soprattutto a partire dall’800 in avanti, ma già nel ‘500, epoca storica in cui le donne conoscevano bene la Bibbia, la praticavano, la “ruminavano”: le “profetesse” dunque erano delle predicatrici vere e proprie. Alcune di loro scrivono inni, testi per la catechesi dei fanciulli, quindi si occupano anche di alcuni aspetti di pastorale. Tutto questo porterà nell’800 a immaginare e a praticare un ministero femminile».

A che punto siamo oggi con la voce delle donne nelle chiese? C’è ancora il tentativo di relegare le donne in una posizione “profetica”, anziché istituzionale?

«Sì, c’è soprattutto ancora molta resistenza a realizzare una vera parità: basti pensare al travaglio interno al mondo cattolico sulla questione del ministero femminile. È da tenere presente che il convegno del 2017 e il libro collettivo sono ecumenici, a testimonianza proprio della fatica delle chiese cristiane, anche di quelle evangeliche, ad accogliere alla pari la predicazione delle donne. Spesso le donne sono viste come una sorte di «fiore all’occhiello» da esibire in alcune situazioni particolari, senza che la chiesa si lasci veramente cambiare dalla loro presenza che potrebbe trasformare completamente la pastorale, o anche le riflessioni sul maschile e il femminile. Nel libro il contributo della pastora battista Elizabeth Green, ad esempio, riflette in maniera approfondita sul fatto che le intuizioni e i percorsi della teologia femminista siano rimasti confinati negli ambiti delle donne».

Dunque il libro può servire come strumento alle chiese per tornare a riflettere su questi temi…

«Sì assolutamente sì. Credo che il testo aiuti a riflettere sui ministeri, non solo su quello pastorale, e più in generale su come predichiamo e come la predicazione esprime la pienezza dell’immagine di Dio che noi vogliamo trasmettere a quanti incontriamo».