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Cop24, avanti piano

Si è conclusa a Katowice la Conferenza sul clima COP24. Raggiunta un’intesa per applicare l’accordo di Parigi sul clima. I 196 Paesi partecipanti alla Cop24 hanno trovato una convergenza sul Pacchetto climatico di Katowice, le linee guida, la tabella di marcia per l’attuazione dell’accordo sul clima di Parigi (COP21), il primo universale e giuridicamente vincolante per le nazioni coinvolte.

Ne ricordiamo gli impegni: esso prevedeva azioni di mitigazione per limitare l’aumento della temperatura terrestre  a 1,5°C, al più presto possibile come consentito dalla ricerca tecnologica; verifiche quinquennali degli impegni presi, a partire dal 2023; aiuti finanziari dei Paesi più ricchi con un “Green Climate Fund” da 100 miliardi di dollari da istituire entro il 2020 (a cui l’Italia si è impegnata a contribuire con 50 milioni di euro all’anno);  azioni per scongiurare, minimizzare e affrontare le perdite e i danni associati agli effetti negativi dei cambiamenti climatici.

L’accordo riconosce il ruolo dei soggetti interessati che non sono parti dell’accordo nell’affrontare i cambiamenti climatici, comprese le città, altri enti a livello subnazionale, la società civile, il settore privato e altri ancora, invitati a cooperare localmente e internazionalmente.

Prima e durante la conferenza di Parigi, i Paesi infatti, hanno presentato piani nazionali di azione per il clima (INDC). Questi non sono ancora sufficienti per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 2ºC, ma l’accordo traccia la strada verso il raggiungimento di questo obiettivo.

L’accordo di Parigi è stato firmato il 22 aprile 2016, in occasione della Giornata mondiale della Terra, alle Nazioni Unite a New York da 175 Paesi. Le regole per la sua entrata in vigore (avvenuta il 4 novembre 2016) prevedevano che venisse ratificato da almeno 55 Paesi che rappresentassero almeno il 55% delle emissioni di gas serra. L’Italia lo ha ratificato una settimana prima. Non si è riusciti a trovare l’accordo sull’Articolo 6 che riguarda i cosiddetti “meccanismi di mercato” delle emissioni di carbonio che consentono ai Paesi di soddisfare una parte dei loro obiettivi di mitigazione nazionali. L’accordo di Parigi riconosce la necessità di regole globali in materia per salvaguardare l’integrità degli sforzi di tutti i Paesi e garantire che ogni tonnellata di emissioni rilasciate nell’atmosfera venga contabilizzata.

Arabia Saudita, Usa, Russia (fra i 10 maggiori  responsabili delle emissioni, insieme all’Unione europea che occupa il terzo posto), Kuwait e Brasile sono i Paesi che maggiormente hanno osteggiato i lavori, negando la  necessità e l’urgenza delle misure indicate dall’ultimo rapporto dell’IPCC (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, il foro scientifico formato da due organismi delle Nazioni Unite, l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) ed il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep) allo scopo di studiare il riscaldamento globale) per rimanere entro la crescita della temperatura di 1,5°C: la riduzione delle emissioni di CO2 nette globali prodotte dall’attività umana di circa il 45% rispetto ai livelli del 2010 entro il 2030, raggiungendo lo zero intorno al 2050. Questo vuol dire che ogni emissione rimanente dovrebbe essere bilanciata dalla rimozione di CO2 dall’atmosfera.

Il recente rapporto Global carbon budget rileva che nonostante gli impegni internazionali nel 2018 le emissioni (pari a 37 miliardi di tonnellate) sono aumentate del 2% (dopo tre anni di stasi) per la crescita dell’uso del carbone e il sostenuto ricorso a petrolio e gas, portando la concentrazione di CO2 al 45% in più rispetto ai livelli preindustriali.

A Katowice sono stati raggiunti anche importanti accordi bilaterali e partnership internazionali: Germania e Norvegia hanno promesso che raddoppieranno i loro contributi al Green Climate Fund, istituito per consentire ai Paesi in via di sviluppo di agire contro il cambiamento climatico; la Banca Mondiale ha annunciato che dopo il 2021 aumenterà il suo impegno per l’azione climatica a 200 miliardi di dollari; il Climate Adaptation Fund ha ricevuto un totale di 129 milioni di dollari.

Anche quest’anno la COP si è svolta nel periodo dell’avvento cristiano, il tempo in cui si celebra il compimento di una grande speranza: che ci sia pace in Terra per gli uomini e le donne di buona volontà, siano essi governanti, produttori o cittadini e consumatori.

Intorno alle COP questi si mobilitano ed esprimono la propria determinazione per la salvaguardia delle condizioni di riproduzione della vita sulla Terra.

Ricordiamo i pellegrinaggi che hanno attraversato l’Europa (tra cui quello che è partito da Roma il 4 ottobre), le manifestazioni che in alcune città italiane hanno detto che occorre agire ora, cambiare il sistema e non il clima, e l’impegno del Cec, il Consiglio ecumenico delle chiese, prima e durante la Conferenza, con la partecipazione, tra l’altro, al dialogo di Talanoa, istituito lo scorso anno sulla base della tradizione delle Fiji di confronto su cosa si vuole realizzare a partire da dove, identificando il percorso.  Una delle dichiarazioni approvate a Katowice ha riguardato la solidarietà e la necessità di una transizione giusta sul piano sociale ed ambientale.

Per contro, mentre la Commissione europea a fine novembre ha presentato una strategia per la neutralità climatica al 2050, l’Italia non ha ancora dato attuazione al Piano nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici ed ha sedici procedure di infrazione solo in materia ambientale per mancato recepimento delle direttive europee.

Il prossimo appuntamento per i leader mondiali è il 23 settembre a New York, dove il segretario generale dell’Onu ha convocato un vertice mondiale sul clima perché i governi ai massimi livelli si impegnino ad attuare l’accordo raggiunto a Katowice.