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Al cinema per trovare ciò che la Bibbia pare non dire

Magia infinita del cinema: riesce a mettere d’accordo personaggi che sembrano lontani, avvicinati dai temi della fede, della Bibbia, del rapporto con il trascendente: Woody Allen, ebreo-americano, e Ingmar Bergman, il più importante regista in ambito protestante, malgrado i suoi distinguo. L’accostamento, rivendicato da Allen (che a Bergman ispirò Interiors nel 1978), giunge al culmine del libro che il pastore metodista Peter Ciaccio ha dedicato alla presenza della Bibbia nel cinema*.

Il libro è molto ben strutturato: nella messe difficilmente quantificabile di film, kolossal e film tv realizzati a partire da soggetti biblici, distingue tra le produzioni didascaliche, illustrative dei libri biblici o di personaggi evocativi, e quei film, molto meno numerosi ma quanto più significativi!, che prendono spunto da motivi biblici per reinterpretarli, o addirittura traggono indicazioni contenute nella Bibbia per poi trattarle in maniera parallela, laica nello sviluppo della storia, eppure coinvolgente per le riflessioni a cui conducono. Valga per tutti il caso del Decalogo di K. Kieslowski. Valgano su tutte le pagine dedicate a Bergman stesso ma anche a Andrej Tarkovskij (di cultura ortodossa) e Robert Bresson, cattolico. E non dimentichiamo le notazioni sul legame fra il genere western e il sostrato di cultura biblica degli Usa.

Un certa rilevanza ha, nel libro, il sodalizio fra Paul Schrader e Martin Scorsese: presbiteriano il primo, che inizia anche a studiare teologia; italoamericano che ha studiato dai gesuiti il secondo, rispettivamente autore dei dialoghi e regista, che insieme hanno sfornato Taxi driver, Toro scatenato, L’ultima tentazione di Cristo, Al di là della vita. Ma Schrader, a sua volta regista, è anche autore di un libro dedicato allo «stile trascendentale» nel cinema (il cui titolo è stato chissà perché tradotto come «Il trascendente nel cinema», accentuando i «contenuti» dei film anziché la maniera di girarli, su cui giustamente si appunta in profondità P. Ciaccio).

Ma l’autore del nostro libro, oltre alle precise e documentatissime notazioni su film e registi, ci offre delle indicazioni importanti rispetto al primo dei due termini del titolo: Bibbia, appunto, oltre che cinema. Bibbia come testo che «non si fa piegare», testo reticente che «si sofferma su particolari inconsueti, mentre omette dati che noi riterremmo imprescindibili per un libro scritto oggi» (p. 24). Difficoltà a rendere la Bibbia al cinema? Certo, ma si fa lo stesso: e, soprattutto, siamo sempre e ancora invitati a leggerla, la Bibbia. Tenendo conto che «accettare la reticenza biblica è una delle virtù del cristiano», e anzi, «solo (…) nella visione parziale, possiamo entrare in contatto con un frammento del divino» (p. 56).

Susanna Grill e Daniela Grill hanno intervistato Peter Ciaccio all’interno della loro trasmissione “Vita delle Chiese” su Radio Beckwith Evangelica e potete ascoltare qui il contributo.

* P: Ciaccio, Bibbia e cinema. Torino, Claudiana, 2018, pp. 144, euro