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Parte l’«anno barthiano»

Il 2019 sarà l’anno di Karl Barth, soprattutto per Svizzera, Paesi Bassi e Germania, i Paesi in cui il teologo svizzero ha avuto il ruolo più importante. Facendo slittare di qualche settimana il cinquantenario dalla sua morte, avvenuta il 10 dicembre 1968, nel 2019 si ricorderà anche il centenario della prima edizione del suo commento all’Epistola ai Romani, che sancì l’inizio della sua carriera internazionale.

Tra gli appuntamenti, già cominciati in questa fine 2018 sotto il titolo Gott trifft Mensch, «Dio incontra l’uomo», come si legge sul sito della Comunione mondiale di chiese riformate (Cmcr), ci sarà una mostra itinerante, che sarà esposta nei «luoghi barthiani» in Svizzera, Paesi Bassi e Germania. A segnare l’inizio delle celebrazioni a Basilea sarà la presentazione del Karl Barth Prize, creato nel 1986 dall’Unione delle chiese protestanti (Union Evangelischer Kirchen, Uek), che nelle precedenti edizioni ha premiato tra gli altri il teologo Eberhard Jüngel (1988), il poeta Kurt Marti (2002) e l’ex presidente tedesco Johannes Rau (2005). Nel 2006 la prima donna è stata una teologa sudcoreana, Meehyun Chung, tra le prime studiose di Barth nel Paese.

L’Uek è uno dei promotori dell’«anno barthiano», insieme all’Alleanza riformata tedesca (Reformierten Bund), alla Chiesa evangelica in Germania (Ekd) e alla Federazione delle chiese evangeliche in Svizzera (Fces). Per l’Alleanza riformata, capofila del progetto, questo è il terzo anno commemorativo, dopo il 2013 (Catechismo di Heidelberg) e il 2009 (Giovanni Calvino).

«Attraverso la mostra e i vari eventi che celebrano l’opera e la vita di Karl Barth, vogliamo mettere in luce la sua teologia dialettica», commenta Johannes Voigtländer, responsabile dell’organizzazione, sul sito della Cmcr: «Barth è un teologo da ricordare, e la gente dovrebbe avere un’idea della sua opera». Gli fa eco Achim Detmers, segretario generale dell’Alleanza riformata tedesca: «Karl Barth è il più grande teologo del XX secolo, e il suo lavoro è assai rilevante, anche nel mondo di oggi».

Il teologo svizzero, infatti, nato nel 1886 a Basilea, fu un tenace oppositore del nazismo, ed è tra i principali autori della Dichiarazione teologica di Barmen, nel maggio 1934, quando rappresentanti delle chiese riformate, luterane e unite, riunitesi a Wuppertal-Barmen, si accordarono per la prima volta per una testimonianza comune, alla base della «Chiesa confessante» che si oppose al nazismo. La Dichiarazione intendeva aiutare i cristiani ad affrontare le difficoltà poste da quest’ultimo e dai cosiddetti «cristiani tedeschi» (Deutschen Christen), che sostenevano la politica di Adolf Hitler e da questi erano appoggiati.

Questa dichiarazione ha avuto un ruolo essenziale non soltanto nel contesto storico in cui è nata, ma come ispirazione per il lavoro di «famiglie» di chiese (tra cui la stessa Cmcr) «chiamate alla comunione e impegnate nella giustizia» e a essere ancora oggi chiese confessanti, conclude l’articolo.

Foto: https://www.karl-barth-jahr.eu