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Usi strumentali del fatto religioso

A fronte delle tante difficoltà che gravano sulla scuola nel nostro Paese, periodicamente si assiste alla “resurrezione” dell’esposizione del crocifisso quale simbolo delle radici giudaico cristiane dell’Europa, con un corollario di suggerimenti in merito alla sua collocazione nei locali e, a seconda della stagione, proposte di altre ritualità (allestimento del presepe, recite natalizie, menù quaresimali, benedizione dei locali, ecc. ecc.) tanto per non dimenticare le suddette radici. Spiace sempre constatare come la scuola sia molto spesso il luogo prediletto per prove di forza che, attraverso un uso strumentale del fatto religioso, mirano a riproporre modelli sociali basati sulle discriminazioni legate innanzitutto alla provenienza geografica e all’appartenenza a confessioni religiose diverse da quella cattolica o a religioni diverse da quella cristiana.

L’ultimo esempio in ordine di tempo è il nuovo regolamento delle scuole dell’infanzia comunali approvato dal Comune di Trieste in cui viene indicata tra le finalità delle modifiche quella di prevedere l’insegnamento della religione cattolica quale principio fondante l’attività delle scuole per l’infanzia comunali, e dove troviamo l’obbligo di esporre il crocifisso in tutti i locali oltre che la previsione di una quota massima di iscrizioni di bambini di nazionalità straniera in ciascuna sezione. Certo vien da pensare che per molti amministratori della Cosa Pubblica siano trascorsi invano gli anni di studio dedicati agli approfondimenti storico-religiosi o filosofico-pedagogici, con accumuli di lacune su Costituzione Italiana e Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, forse nella totale assenza di percezioni in merito all’esistenza della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza.

Non si spiegherebbe altrimenti la totale inosservanza delle osservazioni fatte pervenire dal Garante regionale dei diritti della persona, componente con funzioni di garanzia per le persone a rischio di discriminazione del Consiglio della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia. A seguito di una segnalazione ricevuta da parte di un’insegnante consigliera della V circoscrizione, il Garante Walter Citti ha inviato al Sindaco e all’Assessore all’Istruzione del Comune di Trieste una comunicazione con puntuali osservazioni sulle modifiche proposte al regolamento delle scuole per l’infanzia, reperibile al link www.consiglio.regione.fvg.it/cms/pagine/garante-diritti-persona/discriminazioni/notizie/, ritenendo fondata la richiesta di un parere su eventuali profili discriminatori contrari al principio costituzionale di uguaglianza e al sistema europeo dei diritti umani. Nel documento si ricorda che la Corte Costituzionale ha più volte affermato il principio supremo di laicità delle istituzioni della Repubblica inteso quale impegno alla salvaguardia della libertà di religione in un regime di pluralismo culturale e confessionale, con i conseguenti corollari della neutralità ed equidistanza verso le diverse fedi, pur riconoscendosi che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del Paese, con questo trovando giustificazione i contenuti delle particolari norme concordatarie stabilite nei rapporti tra Stato e Chiesa Cattolica.

Partendo da questo presupposto e ricordando la normativa che regola la presenza dell’insegnamento confessionale cattolico nelle scuole pubbliche, il Garante ritiene inappropriato che compaia nel documento ufficiale di accompagnamento la previsione di questo insegnamento quale principio fondante l’attività delle scuole per l’infanzia comunali, poiché questo è un chiaro richiamo al Concordato del 1929 in cui la dottrina cattolica veniva posta a fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica, suggerendo un ruolo della religione cattolica nel contesto educativo della scuola pubblica non conforme ai valori costituzionali di uguaglianza, non discriminazione, laicità delle istituzioni.

In relazione all’imposizione della presenza del crocifisso viene richiamata la pronuncia della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo (caso Lautsi), con la quale i giudici di Strasburgo non hanno ritenuto l’ esposizione del crocifisso nelle scuole contraria al sistema europeo dei diritti umani. Questa sentenza si basa sul fatto che l’esposizione del crocifisso non travalica la soglia del divieto di proselitismo religioso in quanto le caratteristiche del sistema educativo italiano sono orientate alla valorizzazione del pluralismo culturale ed educativo attraverso l’ampio riconoscimento del diritto alla libertà religiosa, che si estrinseca, fra l’altro, nell’inclusione attiva di minori di background migratorio e nel riconoscimento e valorizzazione delle loro culture di provenienza. Ne consegue, pertanto, che, qualora il sistema educativo pubblico perdesse queste caratteristiche di inclusione e di pluralismo culturale, e l’esposizione del crocifisso avvenisse in un contesto orientato espressamente alla promozione attiva della confessione cattolica, potrebbe essere messa in discussione la compatibilità di detta esposizione con i principi fondamentali della libertà religiosa del sistema europeo dei diritti umani, travalicando in una pratica di indottrinamento vietata dalla Carta europea dei diritti dell’Uomo, anche tenendo conto di quel margine di apprezzamento e di discrezionalità lasciato agli Stati europei su questioni eticamente sensibili.

Ovviamente le osservazioni del garante non sono state prese in considerazione e la maggioraza dei consiglieri comunali ha votato a favore del nuovo regolamento.