09-diluvio

Il clima è già cambiato

Da oggi mercoledì 5 dicembre il mensile free press Eco delle Valli Valdesi è in distribuzione, gratuitamente, in oltre 500 punti in tutto il pinerolese. L’intervista che segue apre lo speciale dedicato agli abusi umani sulla natura. Chi desidera diventare distributore del giornale può contattarci agli indirizzi segnalati in alto su questo sito. Buona lettura. 

Il cambiamento climatico è un fenomeno già in corso e quasi nessuno, oggi, nega più la sua esistenza. Ma quando se ne parla è quasi sempre come se si trattasse di un qualcosa al di là da venire, come se sulle Alpi gli effetti del riscaldamento globale non fossero già evidenti.

Impossibile non pensare allo scioglimento dei ghiacciai. Il climatologo Luca Mercalli, che da decenni monitora e studia lo stato di salute dell’arco alpino, racconta che «quelli più significativi erano sul Monviso». Proprio sulla cima più alta delle Alpi Cozie si trovava quello che poi ha fatto scuola per tutte le Alpi, il ghiacciaio settentrionale di Coolidge, che precipitò nel luglio del 1989. «Quella è stata la sentinella del collasso dei ghiacciai sospesi nelle Alpi: dopo quello del Monviso ne sono avvenuti altri in zone alpine sempre più a nord». A distanza di quasi trent’anni, i ghiacciai delle Alpi Cozie sono praticamente estinti.

Anche l’innevamento è cambiato. «Dai dati – chiarisce Mercalli – vediamo che la neve arriva più tardi d’autunno e soprattutto va via più in fretta in primavera». Si potrebbe obiettare che alcune stagioni, come quella dello scorso anno, abbiano portato con sé molta neve. Eppure, spiega il climatologo, ormai dai primi anni Novanta, a causa dell’aumento delle temperature, «alle alte quote si consuma tutta la neve che potrebbe nutrire i ghiacciai». L’estate 2018 non ha fatto eccezione.

Le conseguenze di simili cambiamenti sono evidenti anche sulle persone che abitano le Alpi, sulla loro vita economica e personale. «Dalla neve – ricorda Luca Mercalli – dipende l’acqua, quindi abbiamo avuto annate con delle gravissime siccità alpine». L’autunno del 2017, con gli incendi più devastanti della storia delle Alpi Cozie, è lì a ricordarcelo. Più complessa è invece la relazione tra il cambiamento climatico e il rischio idrogeologico. È lo stesso Mercalli a riconoscerlo. «Mentre per l’aumento delle temperature e la fusione dei ghiacciai – spiega – non abbiamo dubbi, perché è una situazione nuova su scala millenaria, non è così facile distinguere le fragilità idrogeologiche del passato, che ci sono sempre state, e quelle che si sovrappongono. Se c’è un’alluvione non è colpa del cambiamento climatico; questo potrebbe amplificarla, ma non siamo in grado di dire di quanto».

Ancora più preoccupante di quanto possiamo vedere oggi, però, è ciò che dicono i modelli climatici per i prossimi decenni, nei quali si vedrà «una straordinaria accelerazione e amplificazione di questi fenomeni, spingendoci in territori ignoti, che non abbiamo mai sperimentato nelle Alpi. Magari tra cinquant’anni una siccità in zona alpina potrebbe sterminare tutto, potremmo non avere agricoltura, potremmo non avere bosco, essere devastati dagli incendi come in California. È questo lo scenario».

È tutto inutile, dunque? Coltiveremo le banane a Pinerolo e la papaya in val Chisone? Oggi la strada sembra quella, ma è ciò che faremo oggi a determinare, almeno in parte, il domani.