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Ecumenismo e ecologia: un appello alla conversione radicale

Urgenza, conversione degli stili di vita, fare rete per sostenere la giustizia ecologica e promuovere modelli di sviluppo sostenibile a livello locale e globale. Sono questi alcuni dei temi chiave emersi nel convegno ““Il tuo cuore custodisca i miei precetti (Proverbi 3:1). Un Creato da custodire da cristiani responsabili, in risposta alla Parola di Dio”, tenutosi a Milano dal 19 al 21 novembre scorsi.

Promosso dall’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso (Unedi) della Cei, in collaborazione con la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), l’Arcidiocesi ortodossa d’Italia e di Malta, la Chiesa apostolica armena, la Diocesi copto-ortodossa di San Giorgio a Roma, la Chiesa d’Inghilterra e la Diocesi ortodossa romena d’Italia, il convegno ha coinvolto circa 250 partecipanti che hanno condiviso diverse prospettive sul tema della salvaguardia e la protezione del creato.

Tema da decenni al centro della riflessione del movimento ecumenico – come ha sottolineato Simone Morandini, docente all’Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia, nell’intervento di apertura – la custodia della creazione è presente in modo costante nella testimonianza biblica e nelle diverse tradizioni confessionali, fino ad arrivare alla “Laudato si’” di papa Francesco, senza tuttavia mai diventare centrale nella consapevolezza di fede dei cristiani.

E’ l’urgenza del tempo presente a portare al centro anche nelle chiese la questione ecologica. Lo ha ricordato Peter Pavlovic, segretario della Rete cristiana europea per l’ambiente (Ecen), abbiamo una finestra di non più di 20 o 30 anni per evitare la catastrofe ambientale. Per questo è importante il dialogo tra fede e scienza che in questo ambito possono essere alleate nel richiamare a una radicale conversione personale e collettiva degli stili di vita.

La pastora Letizia Tomassone, docente di Women’s Studies alla Facoltà valdese di teologia, ha portato il punto di vista della teologia femminista che vede una prossimità tra lo sfruttamento e le violenze inferte al corpo della terra e al corpo delle donne. Per questo, le teologhe femministe piuttosto che parlare di custodia e cura del Creato, parole che spesso hanno accompagnato la condizione di subalternità delle donne nella società rispetto agli uomini, preferiscono parlare di interdipendenza, un termine che esplicita la complessità delle relazioni e dell’intreccio tra giustizia ecologica, economica e di genere.

L’urgenza di un’azione che possa interrompere la corsa verso una catastrofe ambientale è stata ribadita dal professor Enrico Giovannini, già ministro del lavoro e eco-comunitàportavoce dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS) che promuove l’Agenda 2030 che elenca 17 obbiettivi ONU per lo sviluppo sostenibile.

Il convegno ha poi dato la parola ai partecipanti che, divisi in 4 gruppi, hanno condiviso pensieri ed esperienze, sottolineando la necessità che anche le chiese si costituiscano in eco-comunità, rispettose dell’ambiente nelle loro pratiche quotidiane Creatocomunitarie, e in agenti di formazione ecologica non solo verso bambini e ragazzi, ma anche verso gli adulti su temi quali lo spreco del cibo, la raccolta dei rifiuti, l’uso della plastica. I risultati dei gruppi di lavoro verranno rielaborati dal comitato organizzatore dell’evento che produrrà un documento finale di prossima uscita.

Il convegno si è poi chiuso con le considerazioni finali curate dal pastore Luca Maria Negro, presidente della FCEI, dal padre Ionut Coman, incaricato per l’ecumenismo della Diocesi ortodossa romena d’Italia e da mons. Ambrogio Spreafico, presidente dell’Unedi.