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Prendi la tua cartella e vattene da scuola

A 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziali, la comunità di Sant’Egidio in collaborazione con la Comunità Ebraica di Roma e l’Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, propongono una riflessione da un punto di vista particolare: quello dei bambini.

Nell’ambito delle Scuole della Pace, centri a sostegno dei bambini nell’inserimento scolastico gestiti dalla Comunità di Sant’Egidio, si è proposta la riflessione a partire dall’anno 1938, quando le leggi razziali cambiano la vita e la sorte delle comunità ebraiche italiane, bambini in età scolastica compresi. Prendi la tua cartella e vattene da scuola. Le leggi razziali del 1938 commentate dai bambini della periferia di Roma è il titolo del percorso espositivo composto dai disegni, dalle scritte e cartelloni ancora in mostra, e prorogata fino al 2 dicembre, in piazza Sant’Egidio al Museo di Roma in Trastevere.

Ne parla Michele Roccucci, coordinatore della Scuola della Pace di Primavalle a Roma.

Come avete fatto a fare riflettere i bambini su questa tematica?

«Siamo partiti dal tema dell’esclusione raccontando loro le storie di quei bambini che nel 1938 furono costretti ad abbandonare la scuola. Li abbiamo fatti immedesimare in queste storie, loro ci sono riusciti molto bene, e poi abbiamo portato in confronto il tema dell’esclusione avvenuta allora con l’esclusione oggi. A questo la risposta dei bambini è stata di solidarietà e amicizia. Penso che questo percorso sia stato molto importante e ci abbia fatto riflettere sulla sequenza esclusione, resistenza culturale ed esclusione / inclusione attuale, che è la base poi del percorso espositivo».

Con che tipo di materiale e documenti avete lavorato?

«Abbiamo proposto documenti e video di testimonianze, in particolare siamo partiti dal quella di Piero Terracina, un ebreo romano che frequentava la scuola Francesco Crispi di Roma, dalla quale nel 1938 fu costretto ad allontanarsi. Cominciò gli studi nella scuola ebraica nel ghetto lasciando compagni, maestre e maestri che erano pure affezionati a lui. Da un momento all’altro si è ritrovato in una realtà totalmente diversa, che lo escludeva dalla scuola, dalla cultura, dalle amicizie. In occasione di questa mostra la scuola Francesco Crispi, ci ha prestato dei banchi e delle sedie per l’allestimento della mostra che hanno permesso di rendere la mostra un po’ più vicina all’ambito scolastico».

Quali sono state le riflessioni dei bambini con cui avete lavorato?

«Soprattutto hanno visto la promulgazione delle leggi razziali come una cattiveria verso i bambini. Dopo aver ascoltato la storia di Piero Terracina si sono chiesti “E se succedesse anche a me? Se anche io fossi costretto ad abbandonare la mia scuola e la mia classe?” Ma non solo, hanno riflettuto anche sulla diversità, ritrovandosi poi tutti uguali. Hanno ragionato sul razzismo come frutto della paura del diverso; le loro sono state reazioni molto mature che aiutano anche noi della Scuola della Pace a farci crescere. Hanno portato la riflessione da allora ad adesso e proprio una parte della mostra è incentrata su questo, ovvero al tema dell’esclusione e dell’inclusione odierna. Questa paura del diverso è molto forte e i bambini lo sentono, lo comprendono e spesso ne hanno paura. Ma soprattutto hanno compreso che alla violenza si reagisce con la conoscenza e con una cultura di pace».