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Un creato da custodire

Milano ospiterà dal 19 al 21 novembre il convegno ecumenico dal titolo «Il tuo cuore custodisca i tuoi precetti (Pr 3, 1). Un creato da custodire, da credenti responsabili, in risposta alla Parola di Dio». L’incontro – che si inserisce nella scia di un cammino ecumenico ripreso nel 2016 a Trento, dopo una lunga pausa dai convegni nazionali sul Padre Nostro del 1999 e sulle Beatitudini del 2003) – è organizzato dall’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso (UNEDI) della CEI, in collaborazione con la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), la Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia, la Diocesi romena ortodossa, la Chiesa apostolica armena, la Diocesi di Roma del Patriarcato copto ortodosso e la Chiesa d’Inghilterra.

L’incontro vuole proporre una riflessione comune su una possibile proposta pratica da realizzare insieme nelle comunità locali, come cristiani in Italia e l’elaborazione di un appello finale, nello stile di una lettera per la società civile e politica italiana.

Il programma prevede interventi di rappresentanti delle diverse chiese sui temi dell’ecumenismo e dell’ecologia. Tra i relatori evangelici vi saranno le pastore Dorothee Mack, Letizia Tomassone e Emanuele De Gasperis, rappresentante della chiesa battista e veterinario. A quest’ultimo – che prenderà parte alla tavola rotonda prevista nella serata del 20 novembre – abbiamo chiesto quale sarà il suo contributo specifico.

«Al convegno condividerò quanto ho vissuto in questi ultimi 10 anni. Nel 2008 ho preso consapevolezza della problematica riguardante la salvaguardia dell’ambiente e l’opera di distruzione compiuta da noi uomini. Il versetto tratto dal libro dei Proverbi, scelto come titolo dell’incontro, fa riferimento al custodire i precetti ricevuti da Dio, tra questi c’è sicuramente quello di prendersi cura del creato. Credo che questo comandamento sia stato molto trascurato e quindi trovo bello poter partecipare a questo momento di riflessione, condividendo il racconto delle ferite inflitte al creato di cui sono stato testimone».

Cosa è accaduto 10 anni fa?

«10 anni fa a Taranto centinaia e centinaia animali sono stati abbattuti a causa dell’inquinamento da diossina prodotta dall’Ilva. Da tempo alcune associazioni, tra cui Peacelink, si erano rese conto che la fabbrica stava avvelenando la terra, ma non si riusciva a dimostrarlo, finché non si fecero analizzare alcuni prodotti alimentari (latte, derivati ma anche carne) nei quali si riscontrò la presenza di diossina. A questo punto ci fu l’abbattimento di centinaia di animali e fu vietato il pascolo nel raggio di 20 km. Decine e decine di aziende sono state distrutte, tra cui anche quella della famiglia di mia moglie, Maria Fornaro, figlia di Angelo, allevatore da 4 generazioni. Personalmente ho visto la distruzione di quel territorio dal punto di vista economico, ambientale; il processo “Ambiente svenduto” va avanti, ignorato dalle telecamere e dai riflettori. Tutto procede nell’apparente normalità, mentre in realtà i problemi sono stati nascosti sotto il tappeto: molti operai che lavoravano all’Ilva sono stati licenziati, e sono convinto che l’impianto sarà sfruttato fino alla fine riducendo Taranto una città sempre più inquinata. Nel frattempo però noi resistiamo in tutti i modi e cerchiamo di avanzare nuove proposte: c’è l’impegno con le associazioni cittadine locali, con diversi soggetti a livello civile e politico, per cercare insieme alternative a quel territorio tanto martoriato».

Sul terreno dell’azienda familiare nel 2014 è stata piantata la canapa che ha la capacità di bonificare i terreni inquinati…

«Sì abbiamo compiuto questo tentativo che non rappresenta ancora una svolta dal punto di vista economico. Nonostante ciò, crediamo nella rinascita, continuiamo a lottare anche cambiando strada: non ci arrendiamo! Le ferite rimangono aperte ma vogliamo impegnarci per costruire il futuro. Va presa coscienza che non possiamo scindere l’ambiente dall’economia, dalla politica, dal nostro vivere come cittadini e credenti: serve un approccio integrale. A Taranto esiste un’economia malata, dipendente dalla monocultura dell’acciaio che cerca un profitto a tutti i costi».

Quali sono i passi da compiere?

«Bisognerebbe avere una visione più lungimirante e assumersi la responsabilità di creare un’alternativa, affrontando i problemi da un punto di vista integrale. In primo luogo vedo l’urgenza di accrescere la consapevolezza del problema ambientale, poi occorre la cooperazione di tutti. Consapevolezza e cooperazione sono a mio parere i nodi fondamentali per poter costruire un futuro in cui si possa salvaguardare l’ambiente, mettendo in pratica il precetto di Dio di prendersi cura del creato. Su questo versante ritengo che le chiese cristiane abbiano una potenzialità incredibile. Le chiese sono chiamate a lavorare insieme sia sul piano della presa di coscienza della problematica sia sul piano dell’elaborazione di una progettualità che guardi al futuro».

Il programma completo del convegno si può scaricare qui. Mentre qui si può leggere l’intervista al nuovo direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della CEI, che ha organizzato il convegno di Milano.