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Una “cortina di ferro” sui temi religiosi e sociali

I Paesi dell’Europa occidentale e quelli dell’Europa orientale vivono in modo diverso il fattore religioso: una constatazione che può apparire scontata, ma che nei dettagli rivela informazioni interessanti, ampliando l’orizzonte alla convivenza con altre religioni, e a temi sociali quali l’aborto o i diritti delle persone omosessuali.

Il nuovo studio del Pew Research Center, istituto di ricerca statunitense specializzato in tematiche religiose e sociali diffuso alla fine di ottobre, descrive un panorama variegato, affermando che la “cortina di ferro” non è del tutto scomparsa.

La ricerca è stata condotta sulla base di sondaggi nel periodo 2015-2017 (2015-2016 per l’Europa centrale e orientale, 2017 per l’Europa occidentale), su un campione di circa 56.000 maggiorenni in 34 paesi europei: dal Portogallo all’Armenia, dall’Irlanda alla Romania, dalla Francia alla Russia, includendo quindi realtà socio-culturali agli antipodi.

La ricerca si focalizza su tre aspetti: la convivenza con persone di altre religioni (nella fattispecie, ebrei e musulmani), la propensione a estendere il matrimonio alle coppie dello stesso sesso e ad accettare la legalizzazione dell’aborto.

Per quanto riguarda il rapporto con ebrei e musulmani, i cittadini dei Paesi dell’Europa centrale e orientale risultano meno disposti ad accettarne la presenza nel quartiere, nel palazzo e tanto meno in famiglia: per quanto riguarda i musulmani meno della metà degli intervistati è favorevole, eccetto che in Slovacchia e Croazia, mentre per gli ebrei la percentuale è un po’ più alta, sebbene assai lontana dal 94% dei Paesi Bassi, i più “accoglienti” verso entrambe le religioni.

Un aspetto interessante riguarda il rapporto tra appartenenza religiosa e identità nazionale: nei paesi orientali, dove meno persone sono disposte a considerare «connazionali» persone nate in un altro paese, la concezione di «identità nazionale» va spesso di pari passo con l’atteggiamento verso le minoranze religiose (ed etniche), ed è interessante notare che, proprio nei paesi del «blocco sovietico», in cui ai tempi dell’Urss l’aspetto religioso era escluso dalla sfera pubblica, oggi l’appartenenza a una chiesa cristiana è un elemento forte dell’identità nazionale. All’opposto, i cittadini di paesi come Francia o Gran Bretagna non considerano la propria appartenenza religiosa (quando c’è) una componente del loro essere francesi o inglesi.

Naturalmente non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, ci sono eccezioni come la Repubblica Ceca, le Lettonia e l’Estonia, i cui abitanti non considerano la cristianità un fattore determinante dell’identità nazionale. Anche in questi paesi, tuttavia, l’accettazione di persone di religione ebraica o musulmana nel proprio entourage è piuttosto bassa, in linea con gli altri paesi dell’area.

Rientra in questo ambito anche lo «sciovinismo culturale», cioè il ritenere la propria cultura superiore alle altre, particolarmente forte in paesi quali Grecia, Georgia, Armenia, Bulgaria, Russia, Bosnia, Romania e Serbia.

La conclusione della ricerca su questo argomento è che, se l’Europa occidentale dimostra una maggiore apertura al multiculturalismo, nell’Europa orientale si riscontrano «elevati livelli di nazionalismo religioso». Su questo sarebbe interessante riflettere, osserva il Pew, quando si parla di «valori europei» o di «radici cristiane dell’Europa»: a quale Europa ci si riferisce?

Un divario analogo si riscontra su temi sociali quali la legalizzazione dell’aborto e del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Rispetto a quest’ultimo, legalizzato in forme diverse in quasi tutti i paesi dell’area occidentale, c’è una maggioranza favorevole (con picchi che toccano l’unanimità in Danimarca, Svezia e Paesi Bassi), mentre le proporzioni sono capovolte nell’area orientale, dove peraltro è assente qualsiasi legalizzazione.

Diversa la situazione rispetto all’aborto che, sebbene legalizzato in quasi tutti i Paesi considerati (ma non ovunque è consentito «in tutti i casi», e ci sono maggiori restrizioni in Polonia e Irlanda), non è considerato nello stesso modo dagli intervistati. Se è accettato (a prescindere dalle motivazioni) dalla maggioranza della popolazione nei paesi occidentali (anche se con una percentuale più bassa in Irlanda, Italia e Portogallo, in cui i sostenitori dell’aborto legale sono tra il 60 e il 66%, mentre gli altri paesi occidentali sono tutti al di sopra del 70%), nell’Est è più frequente l’opinione che l’aborto dovrebbe essere illegale «in tutti o quasi tutti i casi».

Un elemento significativo, messo in evidenza dal rapporto, riguarda il «conservatorismo» giovanile, piuttosto spiccato nei paesi orientali: per quanto riguarda i matrimoni gay, ad esempio, sembra esserci poco spazio per un mutamento della situazione nei prossimi anni, dal momento che le opinioni dei più giovani (considerando la fascia 18-34 anni) non differiscono molto da quelle degli adulti più anziani (sopra i 35 anni). Un atteggiamento «conservatore» che si ritrova anche nel rapporto con ebrei e musulmani, e che può fornire delle chiavi di lettura sul futuro del Vecchio Continente nei prossimi anni.