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La Fcei verso l’assise generale

Il 16 novembre prende il via la I Assise generale della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei). In proposito abbiamo intervistato Luca Maria Negro, presidente della Fcei, su senso e contenuti di questo incontro.

– Tra qualche giorno prenderà il via la prima Assise generale della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. Perché la prima e che cosa è l’Assise?

«Nel 2015 abbiamo approvato un nuovo statuto. Fino a quel momento la Federazione aveva un’Assemblea ogni tre anni, mentre ora le assemblee sono più piccole e si svolgono ogni sei mesi. Sentivamo però la necessità di individuare un luogo e un tempo per la riflessione e l’incontro, una sede dedicata a fare il punto della situazione con una visione progettuale più lunga, occupandoci delle prospettive di lavoro future. Nasce così l’Assise generale, che si riunisce ogni tre anni, e alla quale partecipano circa 150 delegati».

– Quali sono state le parole chiave che hanno caratterizzato il triennio appena trascorso?

«Una è stata sicuramente “accoglienza”. Abbiamo appena licenziato un Manifesto per l’accoglienza che riflette su questo tema in relazione alla situazione dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Questo triennio è stato caratterizzato dal progetto dei Corridoi umanitari con il quale abbiamo portato in Italia più di 1400 persone con passaggi legali e sicuri. Un’altra parola sulla quale abbiamo riflettuto a fondo è “comunicazione”; abbiamo rinnovato i nostri siti e migliorato il servizio comunicazione e informazione della Federazione».

Questa Assise ha un versetto che accompagna i lavori: «Ma quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà fede sulla terra?» tratto dal vangelo di Luca (18, 8). Perché lo avete scelto?

«Quella del vangelo di Luca è una domanda inquietante e per nulla teorica. Noi viviamo in società che si stanno progressivamente secolarizzando; la gente abbandona le chiese, soprattutto quelle tradizionali, e in generale il cristianesimo non sembra più essere la religione dell’Italia e dell’Europa. Quindi c’è un interrogativo, una domanda che però non è disperata perché va letta in collegamento con il testo in cui è inserita e cioè la parabola della vedova e del giudice, che ha al centro la perseveranza nella preghiera per la giustizia. Si tratta quindi di insistere nella preghiera e nella lotta affinché ci sia giustizia. L’Assise vuol essere un’occasione per riflettere proprio sulle strategie di resistenza o, come si dice oggi, di resilienza, delle nostre piccole chiese evangeliche italiane».

– L’Assise generale sarà preceduta da un evento pubblico dal titolo «Per un’Europa della solidarietà e dei diritti»…

«In questo particolare momento in cui l’Europa è messa in discussione, e allo stesso tempo noi come italiani ci sentiamo abbandonati dall’Europa di fronte ai grandi flussi migratori, con questa Tavola rotonda vogliamo riflettere su che cosa significhi lavorare per un’Europa che sia solidale e garantisca i diritti di tutti. Lo faremo con rappresentanti delle chiese e del mondo politico. Parteciperanno: il pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec); il pastore Daniele Garrone, teologo protestante; monsignor Marco Gnavi, della Comunità di Sant’Egidio; l’onorevole Elly Schlein, parlamentare europea; coordinerà i lavori Paolo Naso, politologo, Commissione studi della Fcei».

– Quali sono a suo parere le sfide che il protestantesimo italiano dovrà affrontare nei prossimi anni?

«Contiamo su questa Assise per ascoltare il pensiero delle nostre chiese e capire su quali basi impostare il lavoro del prossimo triennio. Si tratterà di proseguire nella razionalizzazione dell’intera struttura federativa: abbiamo iniziato con il “Servizio stampa radio televisione” e dobbiamo arrivare a parlare di nuove forme di comunicazione. Anche il “Servizio Istruzione e educazione” va ripensato rispetto alla crisi, soprattutto numerica, delle nostre scuole domenicali e all’esigenza di trasmettere la nostra fede ai più giovani. Io personalmente credo che la Federazione dovrebbe tornare a occuparsi di spiritualità. Credo che il protestantesimo italiano stia vivendo una crisi di spiritualità che a volte viene combattuta attraverso il ritorno a forme vecchie di pietà personale. Dobbiamo invece ricercare nuovi modi di vivere la spiritualità, sulle orme di quanto fatto in passato con la “Rete di liturgia” o con l’incontro con fratelli e sorelle che giungono da altri paesi. Abbiamo bisogno di una spiritualità che accompagni in maniera coerente ciò che facciamo sul piano sociale. (Nev)