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Ripartire dal’educazione civica per promuovere la fiducia reciproca

Riuniti nel primo congresso della nuova Società italiana di antropologia culturale, all’università «La Sapienza» (Roma, 8-10 novembre), studiose e studiosi di questa disciplina – sempre aperta al mondo – si sono confrontati sul tema della razza e dei vecchi e nuovi razzismi, in tavole rotonde e in seminari cui hanno partecipato ricercatori e ricercatrici che lavorano sul campo in diversi contesti: in altri continenti e in Europa, tra le popolazioni indigene o tra gli immigrati e i rom.

Molti interventi hanno illustrato ricerche innovative sui processi di razzializzazione delle differenze culturali, sulla marginalizzazione ed esclusione, sulla povertà ma anche sulle possibilità di convivenza e integrazione delle seconde generazioni. Diversi interventi hanno anche fatto i conti con il passato coloniale: seppur l’Italia non avesse grandi colonie, vi erano italiani in Africa anche negli imperi altrui e la pubblicistica già da fine Ottocento ritraeva questo continente con sembianze di una donna disponibile a essere assoggettata e posseduta. Intellettuali e studiosi, e non solo il popolo, rimasero intrappolati nella propaganda fascista – una pagina di storia sottaciuta e dimenticata – e oggi si chiede conto dei motivi di tale rimozione. Vi erano anche tra gli antropologi voci dissidenti al fascismo che continuarono a sostenere il valore del meticciato, pur pagandone il prezzo.

Un monito viene da una rilettura critica del libro Razza e storia di Claude Lévi-Strauss, che distingueva tra razzismo e etnocentrismo e che oggi si sarebbe soffermato sulla xenofobia, ma questo non toglie nulla alla preoccupazione per un crescente clima di rifiuto delle diversità che è da contrastare con il dialogo e il confronto su basi scientifiche e rigorose, per fronteggiare un senso comune poco informato.

Nel complesso, un convegno molto ricco, che ha suscitato importanti interrogativi sul ruolo dei social media nel linguaggio d’odio e delle politiche sociali sempre più respingenti nel modo in cui trattano gli immigrati e sul pericolo che il recente decreto sulla sicurezza possa solo mettere a rischio la nostra democrazia costituzionale e i diritti umani nel nostro paese: non c’è da essere ottimisti, dovendo ricostruire giorno per giorno l’educazione civica e la fiducia reciproca tra le nuove generazioni che sole ci farebbero tornare a essere un paese accogliente verso le diversità.

Foto: Littorina alla stazione di Asmara, 1938