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L’opera di assistenza ai soldati evangelici nella Grande Guerra.

Nuovo articolo della seria dedicata al centenario dalla fine della Prima guerra mondiale. Dopo l’intervista introduttiva allo storico Giorgio Rochat e dopo il pastore Emmanuele Paschetto che racconta cosa il conflitto ha rappresentato per il panorama delle chiese battiste in Italia oggi è il turno di Gabriella Ballesio, responsabile dell’Archivio storico della Tavola valdese. Buona lettura.

Il convegno organizzato dalla Società di studi valdesi nel 2014, dal titolo La Grande Guerra e le Chiese evangeliche in Italia (1915-1918) è stato l’occasione di rileggere le fonti conservate nei nostri archivi relative a quegli anni. Un’attenzione particolare è stata dedicata alle attività di sostegno ai soldati evangelici, mettendo in luce il ruolo svolto attivamente dal moderatore Ernesto Giampiccoli negli anni del conflitto.

Nato nel 1869 a Fonzaso (Belluno), figlio di un funzionario del Ministero delle Finanze di famiglia cattolica, durante gli studi liceali a Firenze, Giampiccoli venne a contatto con gli ambienti protestanti franco-svizzeri e poi con la chiesa valdese della città. Dopo aver frequentato un anno della Facoltà valdese di Teologia, proseguì gli studi all’Accademia teologica di Ginevra e a Edimburgo. Dopo la consacrazione nel 1893, fu destinato alla comunità di Roma e poi di Torino, dove fu tra i promotori della costruzione della cappella di corso Principe Oddone. Oltre ai vari incarichi amministrativi presso l’Ospedale valdese di Torino e al suo impegno presso l’Associazione Cristiana dei Giovani (YMCA), il Comitato Pro Armenia, l’attività di conferenziere e pubblicista, nel 1913 assunse la carica di Presidente del Comitato di Evangelizzazione, l’organo responsabile delle chiese valdesi sorte in Italia dopo l’Unità e – dopo la sua fusione con la Tavola valdese nel 1915 – divenne Moderatore coordinando il nuovo assetto della Chiesa valdese in un momento di trasformazione istituzionale.

L’opera di Giampiccoli durante gli anni della guerra non si limitò al coordinamento del’attività dei cappellani militari valdesi, anche nei rapporti con il Ministero e gli alti gradi dell’esercito, ma rivestì una particolare importanza attraverso l’istituzione del Comitato di Assistenza morale e spirituale ai Militari Evangelici (CAME presso i locali della Chiesa valdese di Torino. Composto da un gruppo di signore della comunità, la sua attività comprendeva l’aggiornamento delle liste dei militari segnalati dai pastori, fornire ai soldati evangelici la possibilità di tenersi in contatto con le loro famiglie e con le loro comunità attraverso la corrispondenza, inviare aiuti materiali e pubblicazioni religiose, organizzare visite pastorali ai feriti e malati ricoverati negli ospedali militari, estendendosi ben presto a una vasta rete di militari non protestanti. Il suo indirizzario, aggiornato continuamente, comprendeva nel 1915 circa 2.000 nomi, che salirono a 3.800 nel 1918. Un altro compito del CAME era il coordinamento delle “Sale del Soldato” istituite dalla Chiesa valdese in varie città italiane per offrire ai militari in licenza luoghi dove trascorrere le ore libere, approfittando delle varie attività proposte – lettura, corsi di lingue straniere o di semplice alfabetizzazione, musica, ginnastica – e del punto di ristoro in cui venivano offerte bevande rigorosamente analcoliche. Le “Sale” erano finanziate dall’American Waldensian Aid Society (AWAS), l’associazione statunitense di sostegno alla Chiesa valdese. Durante gli anni della guerra l’AWAS infatti, grazie all’influenza di Giampiccoli, inviò ingenti donazioni di denaro finalizzate alle attività delle Sale del Soldato e al soccorso delle famiglie dei caduti e, dopo la disfatta di Caporetto del 1917, ai rifugiati, oltre ad aiuti sotto forma di pacchi di generi di prima necessità e di vestiti. Dopo la morte del suo primogenito, caduto nel 1916 sul Carso, Giampiccoli iniziò a progettare varie iniziative per gli orfani, quali l’istituzione di borse di studio e la costruzione, sempre grazie all’aiuto finanziario americano, di due Convitti per gli studenti a Torre Pellice e Pomaretto quale “monumento” in memoria dei caduti, di cui però non vide la realizzazione perché morì nel 1921, un anno prima della loro inaugurazione.

Un’attenzione particolare fu riservata da Giampiccoli all’assistenza spirituale e morale ai soldati attraverso uno spazio dedicato delle lettere dei soldati sui due periodici valdesi – La Luce, organo ufficiale della Chiesa valdese, e L’Echo des Vallées a diffusione più locale. Le centinaia di testimonianze pubblicate non fornivano soltanto notizie e davano voce al disagio della guerra ma contribuivano a ricostituire una comunità di fede che raccoglieva i dispersi, confortava e sosteneva attraverso gli articoli della redazione e dei cappellani. Nel faticoso cammino che aveva portato gli evangelici da posizioni di pacifismo e di condanna alla guerra all’adesione all’intervento bellico, si innestava il richiamo alle vicende del popolo valdese nel rimpatrio e si offriva un forte sostegno identitario che non si richiamava all’obbedienza o al sacrificio, ma alla resistenza per i valori di giustizia e di difesa dei diritti degli oppressi, in quella che era definita la “quarta guerra d’indipendenza”.

Foto: il moderatore Giampiccoli (dietro) e da sx i cappellani Davide Bosio, Eli Bertalot e Arnaldo Comba