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La Parola e le zucche di Halloween

Può una chiesa trasformare una festa dal sapore sempre più commerciale come Halloween in un momento di riflessione spirituale? L’idea è venuta alla pastora di una chiesa presbiteriana americana, Donna Frischknecht Jackson, che racconta nel blog della PcUsa come ha trasformato le zucche scavate, tipiche di Halloween, in un messaggio cristiano.
Era stata nominata da poco pastora a Salem, cittadina del Massachusetts il cui nome rievoca da subito immagini di roghi e streghe. Qui, come altrove, la sera del 31 ottobre era uno sciamare di bambini che giravano per il paese per il consueto «dolcetto o scherzetto?».
Anche la chiesa presbiteriana era coinvolta, e la pastora e un’anziana quanto entusiasta signora si erano messe fuori dalla porta del tempio aspettando di distribuire i loro piccoli doni. Ma, racconta la pastora, i loro “affari” non andavano così bene: il tavolino era lontano dalla strada principale, e solo qualche bambino aveva voglia di deviare dal suo percorso per fermarsi da loro; senza contare che, poco più avanti, la chiesa metodista offriva hot dog e sidro di mele…. 
La sconfitta spinse la pastora a inventare qualcosa di nuovo, una tradizione di Halloween originale, che fosse in grado di attirare i piccoli passanti (ma anche i grandi).
L’idea venne pochi giorni dopo, durante una delle numerose visite nelle campagne nei dintorni della cittadina: passando davanti a una vecchia fattoria rimase colpita dalla fila di zucche intagliate nelle forme più strane: dalle tradizionali “facce” con gli occhi a triangolo e la bocche spalancata, a figure di animali, più di trenta «jack-o’-lantern» facevano la loro figura nel portico. E Donna, fin da bambina appassionata nell’arte dell’intagliare le zucche per Halloween, rimase profondamente colpita da quell’esplosione di creatività, nata (era abbastanza chiaro, vista la scarsa frequentazione di quella strada secondaria) per il puro piacere di farlo, e non per mostrarsi ad altri.
Da qui l’idea da proporre alla chiesa per rivoluzionare il trito «si è sempre fatto così»: intagliare nelle zucche, invece delle solite facce, un messaggio, e non un messaggio qualunque, ma la Parola di Dio.
La comunità si mostrò ricettiva e l’anno successivo, davanti alla chiesa presbiteriana, vicino al tavolino con le caramelle c’era una lunga fila di bocce arancioni illuminate che formavano un messaggio: «Fai risplendere la luce di Dio». Quella volta i piccoli vampiri, streghe e ninja non passarono oltre, ma si fermarono a guardare. E così fecero i loro genitori, scattando fotografie ai bambini davanti alle zucche illuminate. I più piccoli, che non sapevano leggere, chiesero alla pastora che cosa dicevano le zucche, e Donna glielo spiegò, prima di dare ognuno un dolcetto perché in fondo «Halloween non è Halloween senza un dolcetto!».
Si fermò anche qualche membro della chiesa, che non condivideva che la chiesa festeggiasse Halloween, e osservando il modo nuovo in cui la Parola era presentata annuì soddisfatto.
Con gli anni, le «zucche presbiteriane» sono diventate un’apprezzata tradizione (quanto gli hot dog metodisti): ogni anno è stato scelto un messaggio diverso, a volte sono stati bambini e ragazzi a preparare le lanterne vegetali, altre volte ci hanno pensato gli adulti. Una volta un agricoltore ha messo a disposizione il suo campo di zucche, un’altra la chiesa ha finanziato il piccolo “business” di un bambino.
Ma quel che conta, al di là della provenienza delle zucche e di chi le ha preparate, secondo la pastora è che «Dio può prendere le nostre passioni e trasformarle in un nuovo ministero. Voglio dire, non avrei mai pensato che il mio amore per le zucche potesse essere usato per raggiungere una comunità. Ma era successo. Quindi: che cosa vi dà gioia? Quali sono i vostri interessi? Non metteteli da parte. Piuttosto, guardate in che modo le vostre passioni possono legarsi alla volontà di Dio – e cominciate a far brillare la vostra luce».