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Verso la XXIV Conferenza delle parti

È tutto pronto per la partenza. Zaino in spalla, Yeb Sano, il giovane che ha rinunciato al suo posto da diplomatico nella Commissione per il clima delle Filippine per lavorare dal basso con il Movimento globale per il Clima, insieme a un gruppo di 25, parte dal centro di piazza San Pietro a Roma per raggiungere a piedi Katowice in Polonia. Ci vorranno circa 65 giorni per questo suo ennesimo pellegrinaggio per il clima, per arrivare giusto in tempo per l’apertura della XXIV Conferenza delle parti (Cop) che si terrà dal 3 al 14 dicembre. Un pellegrinaggio che lancia un ponte tra la speranza di fede per «nuovi cieli e una nuova terra» (Is 65, 17) e le decisioni politiche espresse nelle tante risoluzioni che hanno segnato il cammino politico sin dalla prima Cop (Berlino 1995). Tante risoluzioni espresse con sempre crescente urgenza, dato l’accelerato ritmo del riscaldamento globale. Tra le più famose si annovera sicuramente il Protocollo di Kyoto che nel 1997 per la prima volta concordò delle riduzioni legalmente vincolanti delle emissioni di gas serra. Ma anche la Cop 21 di Parigi del 2015 è ancora ben presente con la reiterata decisione di creare entro il 2020 un fondo alimentato dai paesi ricchi con 100 miliardi di dollari annui da spendere per la mitigazione del clima e l’adattamento alle nuove condizioni nei paesi poveri. Decisioni di cui leggiamo sulla stampa, che poi però non sembrano produrre le azioni desiderate.

Così non mancano gli appelli per la loro attuazione, come quello del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che si è rivolto alla sua Assemblea generale, a fine settembre a New York, dicendo «noi, comunità dei leader nel mondo non facciamo abbastanza» per incontrare «la minaccia esistenziale» del cambiamento «che si muove più veloce di noi e la cui velocità ha provocato un bang sonico di Sos in tutto il mondo». Ma non solo la politica, anche le chiese incitano all’azione, come per esempio durante la Cop 15 a Copenaghen quando hanno fatto suonare le loro campane in tutto il mondo per 350 volte, avvisando così del superamento del limite di 350 ppm della concentrazione del CO2 nell’aria.

A contrasto della diffusa sensazione di «tanto fumo, ma poco arrosto», il segretariato della Unfccc (United Nations Framework Convention on Climate Change) si è impegnato a rendere trasparenti le azioni già intraprese e accelerare le decisioni per altre. Così è stato lanciato un apposito Global Climate Action Summit a New York a settembre di quest’anno, per evidenziare lì, come anche in rete (https://unfccc.int/news/one-planet-summit-2018-results-in-reconfirmed-and-fresh-climate-action) le azioni degli stati, ma soprattutto quelle delle singole corporazioni, con budget spesso molto più facoltosi di quelli statali, per arginare il cambiamento climatico. Allora si è venuti a conoscere che la Spagna vuole essere carbo-neutrale entro il 2050. Anche Google vuole fare la sua parte in cooperazione con il Patto Globale dei Sindaci per fornire alle città big data su trasporti, costruzioni e qualità dell’aria. Persino la Banca mondiale vuole investire un miliardo di dollari per aumentare la capacità di conservazione dell’energia. Inoltre, Michael Bloomberg promette la creazione di una rete per la finanza sostenibile a Wall Street. E tra altre azioni ancora, anche la Banca di Sviluppo inter-americana ha lanciato un Fondo fiduciario latinoamericano per la biodiversità.

Sempre per favorire il flusso delle informazioni la Unfccc ha allestito un sito online (http://climateaction.unfccc.int/views/map.html) in cui possono essere segnalate tutte le azioni intraprese dagli organismi non statali nel mondo. Sulla mappa dell’Italia spiccano tante bandierine in cui aziende, Comuni o associazioni dichiarano quel che già hanno fatto o hanno deciso di fare contro il cambiamento climatico. Qui apprendiamo che, per esempio, Abbiategrasso, come centinaia di altri Comuni, sia entrato nel Patto globale dei sindaci per il clima e l’energia, o che una famosa azienda italiana nel settore della Difesa avesse deciso che entro il 2017 si sarebbe alimentata soltanto da energia proveniente di fonti rinnovabili (valore non raggiunto), o che un’altra grande azienda italiana della produzione energetica prometta di ridurre le sue emissioni CO2 del 3% entro il 2025. Sono 12.403 le bandierine diffuse in tutto il mondo per far conoscere ben 19.136 azioni.

Sono queste e altre operazioni che secondo la Commissione globale su Economia e Clima, organismo indipendente voluto da Regno Unito, Svezia, Indonesia, Norvegia, Corea del Sud, Colombia ed Etiopia, possono creare 65 milioni posti di lavoro. Un rapporto della Commissione, istituita per sollecitare i governi al cambiamento eco-sostenibile come un volano di crescita, pubblicato il 5 settembre (https://newclimateeconomy.report/), mostra come l’impegno degli Stati, dei privati, delle aziende e dei Comuni per mantenere il clima sotto la soglia di un aumento medio di 2°C possa essere redditizio per il mondo. Tanti posti di lavoro verde, dunque, nei settori dell’energia, dell’amministrazione delle città, del trattamento delle acque, dei settori industriali e agricoli e dell’utilizzo del suolo. Ma anche tanti guadagni per le aziende del settore. La bonifica di 160 milioni di ettari di terre degradate, per esempio, potrebbe far guadagnare 84 miliardi di dollari all’anno. La riforma delle sovvenzioni e del prezzo del carbone assicurerebbe un aumento delle entrate pubbliche pari a 2.800 miliardi di dollari all’anno nel 2030, una cifra equivalente al Pil di un paese come l’India. Ciò a patto che tutte le grandi potenze fissino un prezzo per le emissioni di CO2 tra i 40 e gli 80 dollari e abbandonino i finanziamenti alle energie fossili.

Prospettive che danno speranza per dei cambiamenti. Che arrivino in tempo per arginare il cambiamento climatico sotto la soglia di 2°C è decisamente meno probabile del puntuale arrivo del pellegrinaggio per la Cop 24. L’8 ottobre, infatti, l’Ipcc (International Panel of Climate Change), l’autorevole organismo per approfondite indagini sul cambiamento climatico, ha annunciato che già nel 2030 arriveremo a un aumento di temperatura di 1,5°C. Sembra che tutto il Creato si trovi insieme a Yeb Sano accompagnandolo nel suo pellegrinaggio, la cui meta sta molto oltre Katowice. Un «nuovo cielo» con meno CO2 in aria e una «nuova terra» guarita dallo sfruttamento estremo, non tanto come fuga escatologica, quanto come una colossale sfida alla cooperazione umanitaria.

* Commissione Glam – Fcei