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Cec. Kurian: quando il denaro e la tecnologia «ci mangiano»

«Una pubblicazione intitolata “Quando il cibo diventa immateriale: affrontare l’era digitale” è ora disponibile per aiutare le persone a esplorare l’impatto delle tecnologie su cosa e come mangiamo. E su come viene prodotto il cibo», lo ricorda in un bell’articolo pubblicato sul sito della Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) Manoj Kurian, il coordinatore del Cec-Eaa della campagna Food for Life. E lo fa, proprio in occasione della Settimana d’azione per il cibo lanciata dal Cec insieme alla Rete globale per il diritto all’alimentazione e alla nutrizione.

Un libro, promosso dal Cec-Eaa, che s’interroga su quanto la rivoluzione tecnologica stia generando, «Enormi cambiamenti economici e sociali. Oggi, ad esempio – ricorda Kurian –, un’app sullo smart-phone può contribuire ad aumentare la consapevolezza di cause sociali in tutto il mondo e aiutare un agricoltore ad attivare gli irrigatori per bagnare il raccolto anche in un’area remota. Tuttavia, non tutti i cambiamenti hanno portato a dei vantaggi».

La pubblicazione infatti evidenza (riportando esempi da diversi paesi) come l’uso dominante delle tecnologie sia sempre più utilizzato per controllare il cibo e i mezzi necessari per ottenerlo, e produrlo.

«L’impatto combinato tra liberalizzazione, deregolamentazione e privatizzazione – prosegue Kurian –  sta allargando diversi “tentacoli” proprio sui beni e servizi commerciabili come l’acqua pubblica, l’istruzione e la salute. Beni pubblici e comuni fondamentali per garantire i diritti umani e che, invece, sempre più spesso sono trasformati in merci. Il cibo, che è un bene fondamentale per la vita, utile per definire l’identità di popoli e nazioni e favorire relazioni sociali, si sta trasformando in merce “immateriale”, ossia una fonte di dati, una scatola di Pandora per il profitto per grandi corporazioni e di aziende. Un fatto grave che sta colpendo in primo luogo le comunità rurali distruggendone le risorse, danneggiando il loro ambiente naturale e cambiando così, di conseguenza, anche la nostra alimentazione, peggiorandola».

Una forbice dell’ineguaglianza tra ricchi e poveri, che si sta ampliando, prosegue Kurian «con otto uomini che possiedono la stessa ricchezza di metà dell’umanità. Con i tassi di fame e malnutrizione aumentati negli ultimi tre anni passando da 784 milioni nel 2015 a 821 nel 2017. Nel frattempo, i sistemi alimentari sono diventati le prede delle grandi multinazionali, sempre più in grado di dettare al mondo le loro leggi sul cosa e come mangiare».

Molti attori che hanno promosso questo modello agroindustriale, tuttavia, ora ne riconoscono il fallimento, ricorda ancora Kurian.

Una sconfitta, in particolar modo relativa a tre fattori legati al cibo: «La “smaterializzazione” che sta promuovendo la sua diminuzione e l’aumento del valore di mercato. La “digitalizzazione” che porta a un processo di produzione e commercializzazione sempre più automatizzato, delocalizzato e informatizzato. La “finanziarizzazione” che si manifesta attraverso la speculazione sui prodotti finanziari legati al cibo».

Le tecnologie non sono dannose per il diritto al cibo ma il problema sta nel modo con cui queste sono spesso usate e per quale scopo: «Le comunità di fede e i movimenti sociali e così i difensori dei diritti umani – conclude Kurian –  dovrebbero porsi quotidianamente domande in tema di tecnologie e trovare dei modi per democratizzarne l’utilizzo, e promuovendone addirittura la creazione di nuove per contribuire alla giustizia e all’equità».

 

Foto Cec: Ivars Kupcis