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Se una Riace chiude, un’altra rinasce

Il «modello» Riace ha fatto scuola. Se da una parte in Italia si intensificano le azioni per far fallire definitivamente il progetto del Sindaco Domenico Lucano al quale è giunta recentemente la solidarietà del presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, il pastore Luca Maria Negro (parliamo del modello d’integrazione diffusa, apprezzato in tutto il mondo e in grado di ripopolare un’area depressa grazie all’arrivo di persone giunte da diverse parti del mondo), dall’altra quell’esperienza, diventata «virale», ha contagiato altre aree geografiche italiane. Dunque se a Riace «si chiude» in Italia un’altra «Riace» apre.

«Siamo molto felici di annunciare l’apertura del nuovo Centro di accoglienza nel comune di Roviano. E di farlo in un momento in cui il sistema Sprar e il modello Riace sono messi fortemente in discussione», lo hanno dichiarato congiuntamente il sindaco di Roviano (piccolo comune laziale di 1300 abitanti), Sandro Ceccarelli e Roberto Zaccaria, il presidente del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir).

«Vogliamo rivendicare l’importanza e il valore di questo “schema” di accoglienza. Un’accoglienza diffusa, fatta in piccoli centri nei quali è possibile creare le condizioni per una pacifica e proficua convivenza. Vogliamo realizzare insieme alle persone che accoglieremo – proseguono Ceccarelli e Zaccaria – un percorso di integrazione che dimostri che una diversa gestione delle migrazioni è possibile»

Il Consiglio Italiano per i Rifugiati (l’Onlus sostenuta, per alcuni suoi progetti, dai fondi Otto per mille dell’Unione delle chiese metodiste e valdesi e recentemente diretta dall’ex capo di gabinetto e capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, prefetto Mario Morcone) e il Comune di Roviano hanno aperto un nuovo centro di accoglienza nell’ambito del Sistema Sprar.

Il centro prevede di ospitare piccoli nuclei familiari per un massimo di 10 persone che saranno alloggiate in appartamenti messi a disposizione dal Comune.

«L’obiettivo – rilevano ancora Zaccaria e Caccarelli –, è quello di favorire il percorso di integrazione socio-economica attraverso una presa in carico che dia risposte ai diversi bisogni del nucleo familiare».

Il progetto prevede infatti un concreto supporto per la formazione professionale e la ricerca di un impiego al fine di sviluppare le capacità di inserimento abitativo e lavorativo dei beneficiari.

«Le attività – concludono Zaccaria e Ceccarelli – saranno realizzate e gestite da un’équipe di lavoro multidisciplinare costituita da operatori legali, operatori sociali e da mediatori culturali con una specifica esperienza formativa e professionale nella tutela, accoglienza e integrazione di persone bisognose di protezione internazionale».