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Le porte d’oro di Giovanni De Gara

L’artista Giovanni De Gara sta girando l’Italia con la sua ultima installazione, che nel corso di questo mese coinvolgerà anche la chiesa valdese di Palermo e la chiesa metodista di Bologna. De Gara è fiorentino, laureato in architettura e approda all’arte contemporanea nel 2005. Nel suo percorso artistico si nota una certa attenzione verso le tematiche ambientali, come nel progetto progetto A.N.A.S. “lavori di asfaltatura” del 2010 in cui ha “asfaltato” le strade sterrate nei dipinti di altri pittori oppure con l’attività di editore, stampando e distribuendo i volumi de La vera storia di un albero, ricavati riciclando legname di scarto o mobili rotti. Ma è più un’attenzione alla società e alla politica attuale quella che pare abbia portato all’ideazione del suo ultimo progetto, che sta girando l’Italia da nord a sud. Il progetto si chiama Eldorato e anche io inizialmente mi sono sbagliata a pronunciarlo, pensando al noto Eldorado. Ma lo scambio di lettere nella sillaba finale non è casuale, anzi, riflette uno dei concetti che sta alla base dell’idea dell’artista.

Un’installazione che prevede di usare le coperte termiche che vengono usate durante gli sbarchi e l’accoglienza dei migranti, coperte di primo soccorso che si trovano in ogni ambulanza.

Con queste coperte l’artista riveste le porte di alcune chiese simboliche d’Italia.

Ne parla l’artista Giovanni De Gara.

Com’è nato questo progetto e perché questo nome?

«È un progetto itinerante che ha questo nome perché l’Eldorado era la terra dell’oro che un tempo si immaginava esistesse ma che nessuno ha mai trovato. Per me Eldorado è diventato Eldorato perché questi sono tempi di fake news, di contraffazione, di imitazione. È tutto partito un po’ scherzosamente per sottolineare che l’Eldorado di adesso è un falso: è quello che si immaginano di trovare i migranti prima di arrivare in Italia o in Europa pensando che ci sia una situazione di accoglienza, possibilità e benessere. L’unica cosa dorata che infine trovano è invece la coperta termica che si usa nel primo soccorso.

Questo è all’origine del nome che ha poi una doppia valenza perché in ebraico El è la radice della parola Dio, quindi diventa il Dio dorato rappresentato sulle porte delle chiese. È un oro che non è il metallo prezioso dei vasi sacri o delle rappresentazioni pittoriche iconiche, è un oro povero che accoglie tutti senza distinzione di sesso, di cultura, di religione e di estrazione sociale.

Nella storia dell’arte è noto come si sia sempre usato l’oro per rappresentare il sacro ma in questo periodo uso questi “fogli” d’oro che incarnano il Dio di adesso, che salva, scalda ed è allo stesso tempo resistente e fatto su misura e proporzione umana».

Da dove parte il progetto e dove approderà?

«Ho inizialmente proposto questo progetto a marzo all’abate di san Miniato al Monte, in occasione della ricorrenza dei mille anni dalla fondazione della chiesa più antica di Firenze e l’ho proposta considerando anche tutte le valenze mistico alchemiche dell’oro. Poi è successo che Salvini ha annunciato la chiusura dei porti italiani e il giorno dopo questa notizia l’abate mi ha chiamato immediatamente accettando la proposta della mia installazione. In quel momento la mia opera ha preso una forte valenza politica e di critica verso la scena dell’attualità italiana.

Sono quindi partito da Firenze in quest’abbazia che, tra l’altro, è dedicata a un profugo armeno, poi sono stato in una chiesa del circuito di Libera tra Prato e Pistoia. La terza tappa è stata a Lampedusa: il 3 ottobre, nel giorno in cui si ricorda la grande strage in cui morirono 368 migranti nel 2013, ho rivestito d’oro le porte delle due chiese dell’isola.

In questo momento sono a Palermo presso la chiesa valdese che ha risposto subito alla mia proposta. Le prossime tappe saranno a Bologna presso la chiesa metodista dal 13 ottobre, a Parma il 20 e ad Agrigento dal 30 del mese».