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Una speranza per i giovani per dare futuro al territorio

Per la prima volta nella storia del comune di Riesi (Caltanissetta), un bene confiscato alla mafia sarà affidato al Servizio cristiano (Sc), opera sociale della Chiesa valdese. Su questa concreta possibilità si è espresso il recente Sinodo delle chiese metodiste e valdesi che ha approvato un atto per manifestare il sostegno all’opera nelle sue attività di contrasto alla criminalità organizzata. A Gianluca Fiusco, direttore da dieci anni del Servizio cristiano, abbiamo rivolto alcune domande.

– Come è nato questo progetto?

«Il progetto, come tutte le visioni del Sc, nasce dal bisogno di non tacere. Noi siamo la chiesa della Parola predicata e agita, che ha delle conseguenze pratiche nella vita di tutti i giorni. Per noi predicare Cristo significa non rimanere a guardare la morte del territorio, e non diventare complici del silenzio del territorio. Per questo, dinanzi al bando che il Comune di Riesi ha pubblicato per l’assegnazione di alcuni beni confiscati a Cosa Nostra nel territorio di Riesi, abbiamo deciso che era importante dare un segnale. Tanti altri bandi sono andati deserti e a quest’ultimo siamo stati l’unico soggetto a partecipare. Noi non siamo persone particolarmente coraggiose, o più coraggiose di altre, siamo credenti con i nostri limiti e difetti, che provano a rendere concreta e agita la parola di Dio».

– Qual è stato l’iter?

«Il Servizio cristiano ha deciso di partecipare al bando insieme all’Arci di Riesi: ci sono stati molti incontri per discutere sul da farsi con senso di responsabilità. Il lavoro preparatorio è iniziato ad aprile scorso con uno studio di fattibilità, e alla fine si è deciso di trasformare quel bene appartenuto alla mafia in un luogo di attività rivolte alle nuove generazioni. Riesi è un territorio con il 64% di disoccupazione giovanile, ed è su questo fronte che ci impegneremo».

– Avete incontrato difficoltà nella fase di progettazione e presentazione del bando?

«Quando la notizia della nostra partecipazione al bando è venuta fuori, qualche pressione affinché desistessimo l’abbiamo ricevuta. L’attuale amministrazione comunale di Riesi ci ha invece sollecitati a partecipare. Siamo stati gli unici a farlo e penso che sia stato un importante segnale. Il nostro progetto ha ricevuto un punteggio ben al di sopra dei requisiti minimi richiesti. Ora attendiamo l’ufficializzazione di questa attribuzione: possono volerci anche molti mesi, ma speriamo che l’iter possa concludersi in tempi brevi. Poi, procederemo al riutilizzo del bene».

– In cosa consiste la struttura confiscata?

«Si tratta di una casa appartenuta a un noto esponente mafioso pluricondannato per omicidio, sita in una zona centrale del paese. Dopo tanti anni dal sequestro, abbiamo visitato il bene insieme ai ragazzi: è stato uno shock entrare in quell’immobile che racconta persone e vicende note del territorio. Le famiglie dei ragazzi, recuperando nella memoria pezzi di quella storia cittadina, hanno chiesto ai propri figli se erano veramente sicuri di voler portare avanti il progetto. I ragazzi hanno fatto la loro scelta, sono coraggiosissimi e vanno sostenuti: il SC, con tutti i suoi limiti e le criticità, proverà a farlo!».

– Che tipo di progettualità è stata pensata per la struttura?

«Vorremmo realizzare delle attività rivolte ai giovani perché ritengo che siano loro a poter cambiare il futuro di questo territorio, riscattandolo e emancipandolo. Riesi in questi anni ha compiuto passi in avanti significativi sul versante giovanile; per questo all’interno del bene confiscato alla mafia apriremo un Informagiovani rivolto ai ragazzi e alle ragazze di Riesi: uno sportello di orientamento all’Università li aiuterà non solo a scegliere meglio la facoltà ma anche a inserirsi nel contesto universitario dove già ci sono studenti riesini, per fare rete e spezzare il meccanismo della fuga dal territorio; uno sportello di accompagnamento al mondo lavorativo servirà a fare incontrare un’offerta di lavoro legale con una domanda di lavoro legale; e poi, se ce la faremo, vorremmo creare un piccolo spazio dedicato a una mediateca».

Che cosa rappresenta per il Sc l’assegnazione di questo bene confiscato alla mafia?

«Questa esperienza ci racconta che non abbiamo ancora esplorato tutte le possibilità della nostra vocazione cristiana. Spesso diamo per scontato la nostra secolarizzazione, il fatto che tutto è andato e deve continuare ad andare avanti così… no! L’evangelo, o acquista una vita nuova nelle cose che facciamo e si traduce concretamente in parole e gesti quotidiani nuovi, oppure diventa prassi. Il mio obiettivo in questi anni di lavoro al Sc è stato di non dare per ovvia la grazia di Dio. Egli, certo, ce la concede gratuitamente ma noi ne siamo responsabili, e questa responsabilità va esercitata esplorando nuove possibilità e rischiando: Gesù stesso ha rischiato. Questo progetto è per noi uno stimolo a vivere con nuovo slancio l’evangelo, e a cercare nuove parole con cui dire la nostra fede in Cristo».

 

Nella foto di Pietro Romeo il direttore del Servizio Cristiano di Riesi Gianluca Fiusco