michelangelo_buonarroti_pieta_bandini_1547-55_circa_con_interventi_di_tiberio_calcagni_04

La nostra vita e la nostra fede non prescindono dal nostro corpo

Il numero di Gioventù evangelica uscito da alcune settimane (240/2017) si apre con lo studio di Gioele Bianchi, studente battista alla Facoltà valdese di Teologia, che, nel solco delle celebrazioni per il 500° anniversario della Riforma, ne riconduce l’origine alla lettura della Bibbia («La Bibbia per noi dopo cinquecento anni»). La libertà per le singole coscienze è infatti innanzitutto quella prodotta dallo Spirito santo, che ci orienta a una lettura della Parola «in grado di condurci alla vera conoscenza di Dio». Non solo: «Quando il Sola Scriptura diventa il mezzo per escludere qualcuno dalla comunione con Cristo ecco che si perde il frutto più importante della Grazia, cioè precisamente la libertà che viene dall’essere amati da Dio proprio in quanto peccatori».

La sezione centrale è dedicata al corpo, e alla percezione che ne abbiamo. Elena Mazzarello, medico, prende in esame i parametri che ci permettono di individuare i limiti che definiscono il nostro corpo, basandosi anche sulla tradizione cinese. Gabriele Passantino svolge una lettura del Cantico dei Cantici che esclude ogni possibile riferimento metaforico e si concentra sul carattere terreno dell’amore tra un uomo e una donna: ciò non esclude il nostro rapporto con Dio; anzi, aver presente il Cantico, anche quando cerchiamo Dio nella nostra preghiera, significa accettare riconoscenti che la nostra vita, tutta, è incontrata e amata da Lui.

Le molteplici sfumature che costituiscono il rapporto fra fisicità del corpo e identità di genere sono affrontate da Joachim Langeneck: la realtà è più complessa, secondo l’autore, rispetto alla divisione «binaria» a cui siamo abituati e alla quale le nostre culture sono solite aggiungere tutt’alpiù una possibile identità transessuale purché stabilmente individuata.

Luisa Meytre, ostetrica, richiama alla necessità di una educazione sessuale condivisa «da scuole, famiglie e sistema sanitario», affinché la sessualità non sia vista innanzitutto come qualcosa di cui vergognarsi. Alessandra Tomassone, responsabile di comunità psichiatrica ad alta intensità terapeutica, fa il punto sul tabù della sessualità nel malato psichico o disabile.

Davide Rostan, invece, partendo dal testo di I Corinzi 6, 18-20, racconta l’esperienza vissuta in una chiesa di Chicago, dove un workshop di cucina è servito per imparare ad avere cura di sé, del proprio corpo: procedura indispensabile per poter avere cura anche di una comunità. Luciano Kovacs ragiona sui nessi tra corpi offesi dalla guerra e dalla persecuzione e le ricadute che ne derivano nella comprensione di sé e del rapporto con Dio. Marzia Scuderi ci introduce ai modi in cui comunichiamo servendoci (anche) del nostro corpo, così come fa l’attore Vincenzo Favet. La «lettera monologo di un corpo» è infine la resa scritta di una animazione biblica condotta dal Gruppo Fgei di Bologna.