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L’«Etica», un libro frammentario, per crescere nella consapevolezza della fede

Genere letterario poco frequentato in Italia, quello della «guida alla lettura» di opere letterarie o saggistiche richiede due doti non diffusissime: innanzitutto una profonda e sedimentata conoscenza dell’opera di cui si tratta e del suo autore; e in secondo luogo una buona dose di umiltà, dovendosi l’autore della «guida» porsi al servizio di un testo che lo precede, a volte vere e proprie pietre miliari, spesso dei «classici». Non si tratta quindi di proporre una ulteriore e «definitiva» interpretazione o lettura critica, quanto di lasciar parlare il testo di partenza, spiegando al lettore di oggi come avventurarvicisi e come districarsi dalle sue asperità.

Ma il ragionamento si complica ulteriormente qualora il testo di partenza sia un testo incompiuto, e perfino contraddittorio negli elementi che lo compongono. Ci sono modi diversi, per un testo, di essere incompiuto. Il Requiem di Mozart, morto l’autore, fu completato da alcuni allievi: l’opera mantiene un certo fascino, ma resta di attribuzione incerta. Tutt’altra storia per la sinfonia Incompiuta di Schubert, che fila via liscia tra un primo movimento e un secondo (incompiuto) frutti della stessa coerente ispirazione, salvo troncarsi da un momento all’altro: ma fino a quella battuta, appunto, l’opera «tiene» perfettamente senza contraddizioni.

L’Etica di Bonhoeffer, qui affrontata da Fulvio Ferrario* è dunque una guida doppiamente difficile da scrivere: la struttura è fornita da ognuno dei «quaderni» che sono stati raccolti dai curatori (l’edizione è quella Queriniana, 6° volume delle Opere complete del teologo), ma che sono rimasti provvisori, a seguito dell’arresto di Bonhoeffer. I periodi di scrittura, poi, sono molto diversi fra loro: fra quelli che vengono definiti «secondo» e «terzo» periodo stanno, per esempio, i «viaggi cospirativi», che non possono essere stati senza conseguenze sulla formazione e rielaborazione del pensiero del teologo.

La guida non può prescindere dalla vicenda umana e politica che vide Bonhoeffer coinvolto all’interno dei movimenti di opposizione a Hitler: movimenti diversi, a volte intrecciati, fatti di oppositori politici ma anche di alte sfere dell’Esercito, uomini politici, diplomatici. E parte proprio dalla ricostruzione dell’attività di resistenza fra il 1938 e il 1940, e dal suo riferimento teologico, in primo luogo dalla Dichiarazione di Barmen del 1934, riportata in appendice unitamente al «Parere di Ansbach», il testo in cui un certo numero di pastori della Baviera intesero rispondere alle celebri tesi, rifacendosi al luteranesimo classico, ma connotandolo di enfasi nazionalista, pur rimanendo ben lontano dalle idee dei cristiani tedeschi conniventi con il nazismo.

Nell’impossibilità di scendere nei particolari dell’analisi dell’Etica, segnaliamo alcuni punti fermi. Punto di partenza è la centralità dell’idea di riconciliazione, che ricorre 30 volte nel testo: «compito della teologia, e poi dell’etica – scrive Ferrario – risiede principalmente nel leggere in questo mondo l’azione misericordiosa di Dio, che non lo abbandona». Non lo abbandona, perché lo ha già riconciliato in Cristo. Quali siano, dunque, le conseguenze per l’etica di una totale accettazione della redenzione è al centro della trattazione di Bonhoeffer e dell’analisi di Ferrario: la storia può essere letta «a partire dal venire di Cristo» (p. 86).

Trattandosi di etica protestante è poi spontaneo cercare indicazioni che attengano all’idea di responsabilità: e il chiarimento che ne verrà al lettore consiste nella consapevolezza che l’azione responsabile, nel rapporto fra obbedienza e libertà, non può che muovere da un fondamento cristologico: la speranza stessa è «resistenza nei confronti dell’apparenza immediata; una resistenza fondata su di una comprensione cristologica della realtà» (p. 147). Lungo questo scorrere di temi, riprese e rimodulazioni dei temi stessi, Bonhoeffer non circoscrive il proprio raggio d’indagine alla sola teologia, ma si serve anche di riferimenti letterari. Bastano i nomi per capire di quale pregnanza siano i riferimenti anche alla narrativa: Dostoevskij, ma anche Jeremias Gotthelf (cioè Geremia «Dio ti aiuti», scrittore svizzero dei primi dell’800 e figlio di pastore), Theodor Fontane. Così Bonhoeffer può dimostrare che la dimensione etica può anche essere «descritta nel suo svolgersi, spontaneo e fluido»: nella vita, insomma, dei personaggi romanzeschi (p. 190).

In definitiva, quello dell’etica di Bonhoeffer è «un pensiero, incompiuto, dialettico e dialogico», che chiede di essere «assunto anzitutto come interlocuzione» (p. 113). Un’etica «liberata dal sospetto di astrattezza e retorica predicatoria che la avvolge, anche e proprio per colpa dei cristiani» (p. 149). Poco importa che alcuni passaggi sembrino contraddirne altri (e proprio a questo proposito è fondamentale farsi condurre dalla guida, che ben mette in evidenza queste situazioni): lungo il testo brani più specialistici si alternano con squarci lancinanti che interpellano le coscienze di tutti; anzi, uno dei possibili utilizzi di questo testo forse è proprio quello della lettura in gruppi di studio, di approfondimento teologico e anche nel catechismo. Per questo evitiamo qui di anticipare le conclusioni riepilogative Fulvio Ferrario: sarà utile che ognuno segua il proprio percorso, in questo pianeta tutto da esplorare, con una guida sicura.

* F. Ferrario, L’«Etica» di Bonhoeffer. Una guida alla lettura. Torino, Claudiana, 2018, pp. 239, euro 19,50.

 

Foto tratta dal German Federal Archives: Bonhoeffer, 1932