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La fede costruisce ponti: le comunità di fede insieme contro l’HIV/AIDS

«E’ stato un incontro utile per capire che cosa rende le religioni parte della soluzione e che cosa invece le fa essere ancora parte del problema». Così uno dei partecipanti ha descritto “La fede costruisce ponti”, l’incontro interreligioso che ha preceduto, il 21 e il 22 luglio scorsi ad Amsterdam, la Conferenza internazionale sull’AIDS apertasi oggi nella capitale olandese.

Organizzata dal Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) e dall’Alleanza ecumenica per i diritti (Eaa), la pre-conferenza ha raccolto circa 150 partecipanti provenienti da ogni parte del mondo e appartenenti alle più diverse fedi religiose.

La parte iniziale dei lavori è stata dedicata al rapporto ambivalente delle comunità di fede nella lotta all’HIV/AIDS. «E’ un po’ come la città di Amsterdam – ha spiegato il rettore della Vrije University, Ruard Gazenvoort -: ci sono tanti ponti, ma prima o poi ti ritrovi davanti a una chiusa che ti sbarra il passaggio».

Molti sono gli ambiti di azione positiva in cui le religioni possono agire. Promuovere il dialogo interreligioso, per esempio, fa bene anche alla lotta all’AIDS, ha ricordato Najah Almugahed, consulente per l’inclusione e la protezione di genere dell’Islamic Relief.

Ma è soprattutto la capacità persuasiva e l’autorevolezza di cui in molte parti del mondo godono gli esponenti religiosi – a differenza dei politici e degli stessi medici – che deve essere sfruttata e potenziata. «E’ dai pulpiti che si deve cominciare a parlare di come vivere con l’HIV, dell’importanza di fare i test e di prendere i trattamenti prescritti», ha affermato Deborah von Zinkernagel della coalizione “Start free, stay free, AIDS free”.

«Non c’è nulla di più convincente di un leader religioso che si sottopone pubblicamente al test dell’HIV per combattere la condanna e l’emarginazione che colpiscono le persone ammalate», hanno fatto notare i rappresentanti della Rete degli esponenti religiosi che vivono con o sono personalmente affetti da HIV, che ha prodotto delle linee guida per la predicazione basate sulla Bibbia e sul Corano.

Diverse sessioni della pre-conferenza hanno inoltre affrontato temi specifici. Tra questi, la connessione tra HIV e tubercolosi, essendo AIDS 2018quest’ultima la causa di morte per circa il 37% dei decessi di malati di AIDS; l’azione a favore dei bambini e adolescenti con HIV; il rapporto tra migranti e HIV.

In relazione a quest’ultimo tema, mons. Robert J. Vitillo, segretario generale della Commissione cattolica internazionale per le migrazioni, ha voluto sfatare il mito secondo cui i migranti portino malattie. Le migrazioni in se stesse, ha detto Vitillo, non sono veicolo di diffusione della malattia. Sono invece la vulnerabilità dei migranti alla violenza sessuale e di genere, e la loro difficoltà a poter accedere a cure sanitarie, ad esporre le persone al contagio.