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Pittura oltre il limite

Il percorso dedicato a Pino Pinelli, artista nato a Catania nel 1938 e indicato come esponente della pittura analitica, è stato pensato con un taglio antologico, retrospettivo ma che in ogni ambiente, ovvero le sale di Palazzo Reale in cui le opere sono distribuite, trova una propria peculiarità. In principio si ripercorre il tragitto che Pinelli, e con lui la sua pittura, fa nel corso della sua carriera: da una dimensione di quadro astratto alla soluzione sviluppata tra il ‘76 e il ‘78 in cui corpi di materia pittorica sono in forma sostanzialmente geometrica. Le successive cinque stanze sono variazioni e proposte che l’artista ha sviluppato dagli anni ‘80 in poi e tra queste ci sono dei momenti in cui la pittura diventa, secondo la definizione del curatore Francesco Tedeschi, quasi “magma tellurico”, cioè qualcosa di sottoposto a movimento, altri momenti in cui è molto più fondante un rapporto armonico e di dialogo tra le forme, spazio, pause e presenze.

Pause e riprese che suggeriscono un movimento musicale, non estraneo a Pinelli che infatti ha previsto l’accompagnamento sonoro con un brano di Bach per l’ultima sala. Il dialogo con la musica è presente in tutta la storia dell’astrattismo, anche se l’opera di Pino Pinelli, come tiene a sottolineare Tedeschi, sta oltre queste categorie. In tutto questo emerge molto chiaramente come, tra le tendenze intellettuali di quegli anni, si riesca a instaurare con le opere una comunicazione emotiva immediata.

Ne parla il curatore, Francesco Tedeschi.

Come approfondirebbe il profilo di questo artista?

«Si tratta di un autore che ha attraversato le esperienze più importanti della ricerca pittorica dagli anni ‘70 a oggi. Sottolineo l’aspetto dell’esperienza pittorica perché questa è al centro della sua attività, nonostante sia stato tra coloro che hanno messo in crisi il concetto di quadro, rifiutando l’idea dell’opera chiusa all’interno del limite di una cornice e creando una pittura che agisce nello spazio. La diffusione dell’opera avviene nell’ambiente attraverso un’attenzione per il colore che va a costituire la materia che occupa le pareti, viaggia e si muove all’interno dello spazio ambientale. In questo direi che Pino Pinelli è tra i maggiori interpreti della lezione condotta da artisti come Lucio Fontana, che è stato il primo ad operare in una concezione di arte ambientale, quindi di arte che agisce sullo spazio architettonico».

Il contesto artistico in cui Pinelli per definizione viene inserito, cosa racconta dell’ambiente culturale dell’epoca?

«Il termine pittura analitica corrisponde a una fase storica abbastanza determinata, cioè quello che accade nell’arco degli anni ‘70 in relazione alle posizioni teoriche e filosofiche di un’epoca in cui lo strutturalismo, cioè un modo di agire alla base, sull’origine, direi quasi sul senso delle regole del gioco, è talmente approfondito da far dimenticare quelle che sono le ragioni della poesia, dell’invenzione, della creatività.

Pinelli ha attraversato questa fase agendo all’interno di una pittura analitica, cioè che crea una riflessione da laboratorio scientifico su cosa sia il concetto di quadro, passando da una dimensione teorica, apparentemente astratta. Si concentra sull’idea dello spazio del quadro per creare una cornice che è quadro, una forma che, definendosi come quadrilatero aperto, diventa una riflessione su quello che c’è dentro, annullandone la componente visiva.

Questo che sembra un processo assolutamente concettuale, dà vita però a tutto quello che ne segue: Pinelli comincia a creare queste forme di pittura che sono inizialmente molto semplici, poi più geometriche, ma in questa geometria sempre di natura variabile, la forma del cerchio, della croce o le forme che diventano quelle di un segno lineare nello spazio, acquisiscono solidità. A Pinelli interessa molto il corpo della pittura, una fisicità che offre all’osservatore la curiosità di voler indagare con l’occhio e anche con il tatto, quale ne sia la consistenza. Sono tracce di pittura sempre con colori molto intensi, fondati su quelle che possono essere le radici date dai colori primari e le varianti di bianco, di grigio e di nero. Tracce rese come forme e colori puri che dialogano fra di loro. Ci troviamo di fronte a degli ambienti in cui questi segni nello spazio si muovono a diverse altezze e invadono armonicamente lo spazio invitandoci a fruirne da distante e da vicino, con momenti di accostamento che dal piano solamente visivo diventano più emotive. Nonostante l’approccio estremamente intellettuale, il lavoro di Pinelli è molto coinvolgente sotto il profilo del contatto con quello che può essere il carattere immediato, fisico, della sua opera».

Foto: Pino Pinelli, Pittura GR., 1976, acrilico su flanella non preparata, 30×41 cm.