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Il lavoro comune delle donne alla Costituente

Lungo fu il cammino che portò le donne italiane al diritto di voto e alla fondazione della nostra Costituzione, di cui si celebrano quest’anno i 70 anni (entrò in vigore il 1° gennaio 1948). La rappresentanza politica femminile risale alla Resistenza, quando, nel 1943, nacquero a Milano i «Gruppi di difesa della donna», fondati da Lina Fibbi (Pci), Pina Palumbo (Psi) e Ada Gobetti (Partito d’Azione), aperti a tutte le donne, di qualsiasi ceto sociale, appartenenza politica o religiosa. E furono 7000 quelle che vi fecero parte.

Nel 1944 nascono le prime organizzazioni femminili: l’Udi (Unione donne Italiane), che comprende le comuniste, le socialiste e della sinistra, e il Cif (Centro Italiano femminile), che coinvolge le cattoliche, e nell’anno seguente, ai loro congressi, diventa centrale la battaglia per il voto. La prima esperienza politica per le donne italiane fu, dall’aprile 1945 al giugno 1946, la partecipazione alla Consulta nazionale (13 donne su 430 membri, designate dai partiti politici, tra cui ricordiamo ancora Ada Gobetti, di cui quest’anno si celebra il cinquantenario dalla morte). Dopo altri passaggi legislativi, e in mezzo a polemiche politiche di varia provenienza, l’eleggibilità delle donne all’Assemblea Costituente fu prevista da un decreto del marzo 1946, e poterono votare per la prima volta, con partecipazione obbligatoria, alle elezioni amministrative, nei mesi di marzo/aprile del 1946: 2000 furono elette nei Consigli comunali, e alcune diventarono anche assessore e sindache.

Il 2 giugno 1946 dodici milioni di donne (e undici milioni di uomini) votarono nel referendum Monarchia/Repubblica, e per eleggere i rappresentanti all’Assemblea Costituente. «Avevo il cuore in gola e avevo paura di sbagliarmi… – ricorda la scrittrice Anna Banti –. Forse solo le donne possono capirmi e gli analfabeti (…) ma – aggiunge – quando i sentimenti neri mi opprimono penso a quel giorno e spero». Il senso di vittoria storica è comprensibile, se ci si ricorda che l’Italia fu uno degli ultimi paesi a concedere il voto alle donne.

 Ventuno donne risultarono elette alla Consulta: 9 comuniste, 9 democristiane, 2 socialiste, una della lista «Uomo Qualunque». Sono le Costituenti, le «madri della nostra Repubblica», come recita il titolo dell’introduzione a firma di Livia Turco, presidente della Fondazione «Nilde Iotti», al libro loro dedicato*, che contiene, oltre a un’appendice documentaria, i profili biografici di ciascuna di loro, di interessantissima lettura.

«Fin dall’inizio quelle donne svolgono con passione e rigore questa funzione di rappresentanza di tutte le donne italiane – nota Livia Turco –. (…) Pur avendo diverse formazioni culturali, seppero costruire una formidabile alleanza tra loro per incidere nella formulazione della Costituzione, iscrivendo in essa una nuova visione della donna, dei rapporti tra donne e uomini, del rapporto genitori e figli. (…) Pur nelle differenze culturali, avevano una visione avanzata della emancipazione femminile. Le donne devono essere inserite nel lavoro superando ogni discriminazione e al contempo devono poter svolgere la loro funzione materna, I valori che orientarono le nostre Costituenti furono quelle della persona, della pari dignità, della libertà, della giustizia sociale, della eguaglianza “di fatto” per garantire a tutti un livello di benessere economico, sociale, culturale».

 Non possiamo addentrarci nell’esame dettagliato del loro impegno, per cui rimandiamo a una proficua lettura di questo fondamentale saggio, ma ci piace concludere concordando con questa affermazione della prefatrice: «Ci hanno lasciato una lezione vivente di bella politica: quella del bene comune, che costruisce alleanze, è coerente a valori condivisi, costruisce un legame costante con la vita delle persone. (…) Credo che dovremmo rileggere con gli occhi di oggi questa loro eredità perché foriera di utili insegnamenti».

* Fondazione Nilde Iotti, Costituenti al lavoro – Donne e Costituzione 1946-1947. Napoli, Guida editori, 2018, pp. 335, euro 20,00.