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Mauro Pons: un bilancio del suo servizio nel terzo circuito

– Incontriamo Mauro Pons, il nuovo secondo pastore di Pinerolo, precedentemente pastore di Perrero-Maniglia, Massello e Villasecca dal 2007 al 2018.

Quando sono arrivato a Perrero-Maniglia e Massello, le prime due comunità che mi sono state assegnate, l’impatto è stato scioccante. È stato molto complesso, dopo aver fatto un’esperienza di molti anni a Torino, in una grande chiesa con problematiche legate al territorio di una grande città, dovermi abituare a una dimensione più piccola, dove da un lato in teoria ci sarebbe stato il vantaggio di una più facile relazione e comunicazione con i membri della comunità, e dall’altro, però, anche il concentrato di una serie di tematiche legate all’invecchiamento della popolazione, alla scarsa partecipazione delle fasce di mezzo e alla presenza di un esiguo numero di bambini e ragazzi da dover organizzare in gruppi di lavoro, superando l’idea classica di lavorare secondo l’età, ma puntando invece a costruire un gruppo, dove si capisse che catechismo e scuola domenicale non sono una versione religiosa della scuola, ma un luogo per cominciare a pensarsi come comunità. Per me questa è stata la sfida più grande: inventare un linguaggio che fosse condiviso e condivisibile dai 6 ai 14 anni, che non è facile. Ho cercato di creare un ambiente in cui io non dico quello in cui non credo, dove c’è la possibilità di manifestare i propri dubbi e di tentare di sviluppare un discorso di fede personale. Per esempio, io sono uno che non crede nell’onnipotenza di Dio. Il fatto di poterlo dire in un gruppo di lavoro e di scoprire che altri hanno questo tipo di problematica ci ha portato a lavorare sulla figura di Dio da un punto di vista di un rapporto che si costruisce nel tempo attraverso un’interlocuzione. Con Dio ci parli. È un mettersi di fronte all’altro e aprirsi. Da questo punto di vista ognuno di noi ha una sensibilità diversa. Questo non vuole dire che non crediamo in un Dio unico, ma crediamo in un Dio che si manifesta con approcci individuali. L’incontro con Dio non è ingessato. Dio lo vedi, lo incontri, ci lavori sopra. Questo si può fare se si ha un gruppo di lavoro capace di uscire dagli schemi.

– Mi dica una cosa che è riuscito a fare ed una cosa che non è riuscito a fare.

Penso di essere riuscito a porre queste comunità di fronte al fatto che, anche se con fatica, devono accettare che la Storia, in qualche modo, ci determina più di quanto vorremmo. Il futuro delle nostre tre piccole comunità è un futuro che io chiamo federativo, che significa avere una equipe pastorale variegata e competente, che gestisca tutta la val Germanasca. Credo che questo sia lo sforzo sul quale loro si sono incamminati.

Dall’altra parte, sicuramente non sono stato capace di trovare chi prendesse degli impegni precisi nella comunità dopo la generazione dei vecchi. Adesso c’è un piccolo gruppo, ma hanno grandi difficoltà, anche perchè pensano di aver sempre bisogno dell’appoggio di una figura pastorale a cui affidare tutto. Ecco, quello credo sia stato, se vogliamo usare una parola forte, un fallimento: non essere stato capace di far considerare loro, e quindi di valorizzare, le loro capacità ed i loro doni, che ci sono. Possono gestire la comunità senza il pastore.

– Mi racconti uno dei momenti più intensi che ha vissuto in questi anni.

Il momento in cui mia moglie è stata colpita da una malattia grave. Tutte e tre le comunità sono state capaci di sostenerci, nel senso che ci sono state non solo vicine, ma hanno anche capito che nella mia vita di persona le priorità si erano un po’ capovolte. Era evidente che la mia testa era da altre parti, e loro non mi hanno mai fatto pesare questa poca cura che ho avuto nei loro confronti. Sono stati generosi, amorevoli, fraterni.