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Il ’68 visto da uno fgeino settantenne

Sesto articolo della serie dedicata al 1968 nelle chiese evangeliche italiane. Dopo Marco Rostan sulla stagione dei manifesti e dei volantini, dopo il direttore del Servizio Cristiano di Riesi Gianluca Fiusco sul ’68 in Sicilia, dopo Renato Maiocchi su Agape, dopo Aldo Comba e il ricordo del Sinodo del 1968, dopo i ricordi del pastore Giorgio Bouchard sull’esperienza del Centro Lombardini di Cinisello Balsamo, oggi è il turno del presidente dell’Ucebi, l’Unione cristiana evangelica battista in Italia, Giovanni Arcidiacono, ritornare con la memoria ai fermenti internazionali e nazionali di quel periodo. Buona lettura. 

Sospinto dai progetti che in ambito protestante vedevano i giovani evangelici italiani della Federazione delle unioni valdesi (Fuv), della Gioventù evangelica metodista (Gem) e del Movimento giovanile evangelico battista (Mgeb), verso la costituenda Federazione giovanile evangelica in Italia (Fgei), ho partecipato con gioia e stupore nel luglio del ’68 al VII congresso Giovanile Mondiale Battista, tenutosi a Berna, in Svizzera. Lì ho percepito la dimensione globale del mio ‘68. La delegazione italiana vi partecipò con 12 giovani. Il motto del Congresso era «un mondo, un Signore, una testimonianza». Erano presenti le delegazioni di tutti i paesi occidentali, dell’America latina, dell’Africa, dell’Australia e dei paesi dell’Est Europa. Vi era anche una delegazione della Cecoslovacchia e alcuni di loro guardavano con molta speranza quella che fu definita la “primavera di Praga” di A. Dubcek. Rappresentate da oltre 3.000 delegati i giovani delle chiese battiste degli USA, prevalentemente bianchi.  M. L. King era stato già ucciso il 4 aprile del ’68 a Memphis. In quel contesto, percepimmo che i problemi sollevati dalla guerra nel Vietnam, dalla povertà in Biafra, dal razzismo negli USA non erano nell’agenda della testimonianza evangelica delle chiese e, proprio per questo, quantunque intimati dalla polizia Bernese a non farlo, distribuimmo sulle sedie circa 5.000 volantini nella notte antecedente la prevista predicazione di Billy Graham recante il motto: Cristo per il mondo. Il contenuto del volantino, oltre a schierarsi contro la guerra del Vietnam, era: i problemi mondiali sono non i poveri ma i ricchi, non i disoccupati ma i padroni. Cristo dice: tu sei il sale della terra. I cristiani dicono: Noi siamo la naftalina del mondo! Quel volantino fu apprezzato da pochi che lo accettarono come messaggio profetico. Delle tante e diverse relazioni del Congresso solo quella del rev. Samuel D. Proctor, ci aveva entusiasmato per il contenuto vicino alle posizioni di King. In particolare, l’appello a riprendere la causa del povero in un mondo in cui il materialismo, l’industrializzazione e il poter economico trasformavano l’amore verso il prossimo in nostalgia e la solidarietà in individualismo, si tradusse in un chiaro invito a costituire movimenti rivoluzionari nonviolenti con il compito di dire alle chiese che niente si risolve col chiudersi dentro il ghetto parrocchiale rivestito di «pia carità». La chiesa deve vivere l’amore di Dio che si esplica solo se l’annuncio dell’evangelo è seguito dai fatti che corrispondono ai bisogni  dell’umanità.

L’esperienza di Berna fu propedeutica per un impegno ancora più intenso a livello locale nella chiesa come nella città di Bari, dove il movimento studentesco era attivo e dove il mio ‘68 rivestì, a partire dall’occupazione della scuola, sempre più il carattere plurale attraverso il metodo assembleare delle decisioni. Metodo che, applicato nella chiesa di Bari già all’indomani della costituzione della Fgei nel 1969, si rivelò foriero di potenzialità inesplorate per l’annuncio dell’Evangelo in un mondo in fermento. Il metodo assembleare adottato faceva di ciascuno di noi un protagonista del ‘68. Nessuna delega era possibile. L’intreccio delle singole esperienze condivise nel movimento studentesco barese permise, grazie alla tenacia, alle competenze culturali e scientifiche e alla lungimiranza di Miriam Castiglione, la formazione di un gruppo fgei aperto dove giovani evangelici, cattolici e atei dettero vita a una straordinaria stagione di ri-fondazione della chiesa dal basso in cui lo studio della Parola di Dio riacquistava la centralità non solo per i giovani ma anche per molti membri della chiesa battista di Bari. Alcuni fratelli preferirono abbandonare la chiesa con l’accusa ai giovani d’aver politicizzato l’Evangelo. È curioso ricordare che molti di loro rientrarono nella chiesa dopo il 1976, cioè quando l’azione profetica del ‘68 si esauriva e iniziava la stagione della crisi e del riflusso, la stagione del ritorno al privato, ancora oggi persistente e aggravata dalle dinamiche del consumismo proprio della globalizzazione.

Grazie allo studio della Parola e allo studio di testi come Il Protestante nella Storia di Mario Miegge e Fede e Politica di Franco Giampiccoli, si determinò l’agenda delle attività del gruppo ma anche della chiesa nella consapevolezza di una necessaria saldatura tra la generazione dei padri con quella dei figli. Attività non contro la chiesa, ma con la chiesa, smantellando le sicurezze di una chiesa istituzionale attraverso un cammino e un processo di relazioni ecumeniche di base che in quegli anni il dissenso cattolico aveva strutturato in particolare a Conversano e a Lavello. Dall’istituzione al movimento. Questo è stato il 68 per la chiesa battista di Bari e di altre chiese in Puglia.

Nel contesto delle intense relazioni con il dissenso cattolico, ma anche con la sinistra storica e quella extraparlamentare barese e pugliese, il gruppo fgei di Bari si poneva e proponeva la domanda: essere sale o naftalina del mondo?

Secondo noi si poteva essere sale della terra solo dando voce ai minimi, agli esclusi e agli emarginati dal mondo. Questa consapevolezza portò il gruppo Fgei a proporsi nelle manifestazioni teatrali con I lupi e gli agnelli, in cui i minimi del Sud Italia, raccontati da Rocco Scodellaro in Contadini del Sud erano i protagonisti della storia. Lo spettacolo fu portato in tournée in tutta la Puglia e poi anche a Roma e a Firenze, oltre che nei festival dell’Unità in diversi paesi della Murgia e del Tavoliere Pugliese. Ci sarebbe molto altro da raccontare meritevole di memoria storica. Ma qui non ho lo spazio per farlo e che ho già travalicato.