galleria

Il microfono in galleria

Quarto articolo della serie dedicata al 1968 nelle chiese evangeliche italiane. Dopo Marco Rostan sulla stagione dei manifesti e dei volantini, dopo il direttore del Servizio Cristiano di Riesi Gianluca Fiusco sul ’68 in Sicilia, e dopo Renato Maiocchi su Agape, oggi è il turno di Alberto Corsani, in compagnia di Aldo Comba rievocare il Sinodo del 1968, caratterizzato da una storica “prima volta”.

 

Il Sinodo valdese del 1968 viene ricordato per quel pomeriggio in cui venne data la parola a un gruppo di giovani (etichettati tout court come contestatori) che sedevano, come gli altri componenti del pubblico, in galleria. Per la verità un primo momento in cui la «contestazione» era arrivata in Aula, fu nel pomeriggio del lunedì: in quell’occasione arrivarono gli echi dell’interruzione del culto di Pasqua alla chiesa valdese di piazza Cavour a Roma, quando alcuni giovani chiesero la parola dopo il sermone. Ovvio che nella discussione ci siano stati pareri diversi; ma forse l’osservazione più interessante fu quella del pastore Alfredo Sonelli il quale, senza entrare nel merito dell’intervento dei giovani, fece presente il rischio che considerare lo svolgimento del culto come intangibile potesse portare a sacralizzare il culto stesso, atteggiamento che non appartiene alla mentalità poco protestante.

Due giorni più tardi, mercoledì 28 agosto pomeriggio, il tema in discussione era quello della predicazione; fu in quell’occasione che un gruppo di giovani chiese la parola dalla galleria: «Si trattava di una scelta complicata da parte mia – ricorda il pastore Aldo Comba, che di quella sessione era presidente –: si trattava da una parte di garantire il corretto svolgimento dei lavori sinodali, e dall’altra di poter lasciare esprimersi questi giovani. E ancora, un’alternativa ulteriore si proponeva: avrebbero dovuto scendere a parlare in aula o si poteva ammettere che si esprimessero restando in galleria?». La scelta da parte del presidente cadde proprio su questa seconda ipotesi: «Mi sembrava brutto – prosegue Comba – che questi giovani fossero costretti a scendere e attraversare l’Aula, passando attraverso una sorta di “Forche caudine”. Così decisi che potessero parlare dall’alto: all’epoca non c’erano radiomicrofoni ed eravamo vincolati ai cavi elettrici; un ragazzo calò un ombrello dalla balconata, qualcuno dalla platea vi agganciò filo e microfono, e senza ulteriori intralci il Sinodo potè ascoltare la voce dei “contestatori”».

Le opinioni furono discordi. Sul settimanale La luce il pastore Gino Conte scrisse che meglio sarebbe stato a meno che – prosegue l’articolo – «i nostri giovani contestino la composizione stessa del Sinodo e la rappresentatività dei suoi membri».Non solo. Chi era spettatore in galleria, sentì i commenti scandalizzati di chi avrebbe voluto veder negato qualsiasi diritto di parola ai giovani. Infatti, ricorda ancora Comba, «quell’anno ero da poco membro del Consiglio della Facoltà di Teologia e candidato all’elezione nella Tavola valdese. Non venni eletto nella Tavola e fui escluso dal Consiglio della Facoltà. Molti lo intesero come una sorta di “punizione”; io lo intesi come una reazione sgradevole ma naturale della destra, che mi confermava nella giustezza della mia linea».

Foto: aula sinodale vista dalla galelria, autore Pietro Romeo