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Public History, un progetto valdese

Cos’è la Public History in Italia? A questa domanda hanno cercato di rispondere studiosi di scienze umane e sociali che si sono dati appuntamento a Pisa (11-15 giugno) per il 2° congresso della Associazione italiana di Public History (AIPH), un termine che si è deciso di mantenere in inglese proprio per la dimensione internazionale e multidisciplinare dell’iniziativa; questo porta a considerare un approccio aperto allo studio e alla ricerca sia di quei fenomeni storici che sono rilevanti ancora oggi e sia di ciò che è apparentemente dominio solo degli specialisti di un passato remoto ma che può essere riscoperto anche da pubblici diversi.

L’AIPH è nata nel 2016 con il sostegno della International Federation for Public History (IFPH) e della Giunta Centrale per gli Studi Storici, con lo storico Andrea Giardina che presiede il Comitato scientifico. Ne è presidente lo storico Serge Noiret dell’Istituto universitario europeo che ha sede a Firenze.

Il ruolo dei cittadini e della loro coscienza storica è centrale nella definizione di Public History nel senso della partecipazione: non solo fruizione di conferenze, spettacoli teatrali, prodotti digitali, musei e mostre ma anche ricerca, progettazione e coinvolgimento attivo in tali prodotti culturali. Questo pone tanti e diversi interrogativi sugli usi e abusi della storia nello spazio pubblico, tentando di contrastarli. E su alcuni temi come la memoria europea, la Resistenza, le migrazioni internazionali, le minoranze, le guerre e le situazioni di post-conflitto la politica tende a strumentalizzare e a condizionare il dibattito pubblico: un conto infatti è la storia comune, un cammino più lungo richiede invece la memoria condivisa e riconciliata.

Al 2° congresso di Public History erano presenti anche la Società di Studi Valdesi e la Fondazione Centro Culturale Valdese che hanno presentato il poster “Dalle Valli a Ginevra” tratto dall’Opuscolo SSV (Claudiana 2018) che racconta il primo esilio dei valdesi (1687) sull’itinerario culturale riconosciuto dal Consiglio d’Europa e ripercorso a piedi da un gruppo di giovani nell’estate 2017. Un progetto che è parte di un altro più ampio avviato dal 2006, che coinvolge decine di organizzazioni europee, e che per la parte in questione ha richiesto una preparazione di più di un anno, 2016-2017, con l’obiettivo per altro di coinvolgere le scuole e le scuole domenicali; un progetto realizzato dalla Fondazione CCV e dal gruppo giovani della chiesa di Pinerolo a cui poi si è aggiunta la collaborazione della SSV che ha pubblicato con l’opuscolo i risultati (riflessioni, testi, immagini). La dimensione transnazionale e intergenerazionale ne fanno un progetto che è stato riconosciuto essere innovativo e capace di dialogare, da una parte, con il dibattito storiografico sulla Public History,  e, dall’altra, con un pubblico allargato e diversificato.

È stato per noi significativo essere presenti – e dare un contributo – attraverso un progetto che  ha tutte le caratteristiche della Public History: si interroga criticamente su una coscienza civile rispetto alla storia e alla memoria; propone riflessioni sull’uso pubblico della storia e sui vuoti di memoria; ha una sensibilità intergenerazionale e comunitaria, sia nella comunità di appartenenza e sia in dialogo con le comunità che si incontrano durante le rappresentazioni teatrali; è attento alle fonti storiche conservate in archivi e biblioteche; utilizza nuovi linguaggi come immagini e filmati, trasmessi e divulgati attraverso un progetto crossmediale: narrazione orale, carta stampata, radio, web, pagina Facebook, canale YouTube; ha un’attenzione alla formazione e ai percorsi didattici nelle scuole.

Il 2° congresso di Public History ha anche discusso in forma partecipata un “Manifesto” la cui redazione ha avuto diversi passaggi, tra cui anche il seminario che si è tenuto a Torino presso il Polo del Novecento lo scorso 12 maggio, con un confronto e un dibattito allargato a diversi soggetti che si occupano di storia e memoria, non solo dell’epoca contemporanea. E questa sensibilità per diversi periodi storici è più forte in Italia rispetto ad altri Paesi. Per approfondire: http://www.aiph.it