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Ascolta la mia storia, ti racconto le mie passioni

Al fine di intensificare gli sforzi per prevenire e risolvere i conflitti e contribuire alla pace e alla sicurezza dei rifugiati, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha scelto di celebrare la Giornata Mondiale del Rifugiato il 20 giugno di ogni anno con la Risoluzione 55/76.

Il documento è stato approvato il 4 dicembre dell’anno 2000, in occasione del 50° anniversario della Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati.

Ogni anno, dunque, in diverse città italiane si celebra la Giornata con dibattiti ed eventi.

In Piemonte diversi appuntamenti vedranno le chiese evangeliche impegnate: a Pinerolo da giovedì per quattro giorni è prevista una serie di attività promosse dalla Diaconia valdese, che approfondiremo su questo sito nella rubrica Megafono dalle valli previsto per domani; un altro, altrettanto importante proprio domani 20 giugno nel capoluogo piemontese presso la Sala A1 del Campus Einaudi, Università degli studi di Torino, è il convegno: «Ascolta la mia storia. Ti racconto le mie passioni», promosso dall’Associazione «Mosaico. Azioni per i rifugiati» in collaborazione con l’Unhcr e il Dipartimento di Cultura politica e società dell’Università e dove interverranno, tra gli altri, la pastora Maria Bonafede (che parlerà a nome della Fcei dell’esperienza dei Corridoi umanitari insieme alla regista Marta Cosentino, autrice del video Portami via), Bertin Nzonza (chiesa valdese di Torino), il professor Paolo Naso dell’Università La Sapienza e direttore del progetto Mediterranean Hope della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e Massimo Gnone dell’Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), che interverrà con Federica Toso sulle attività dell’Unhcr in Piemonte.

«Le giornate celebrative – dice a Riforma.it il professor Paolo Naso – presentano sempre il pericolo della ritualità e non fa eccezione il 20 giugno quando ricordiamo la Convenzione di Ginevra sui Rifugiati del 1951. Mai come quest’anno, però dovremmo entrare nello spirito e nella lettera di quel testo che rappresenta uno dei punti più alti della cultura democratica. Sui rifugiati oggi si dicono parole in libertà, pensando di poter risolvere uno dei problemi più gravi e seri del nostro tempo con parole semplicistiche e grossolane come “è finita la pacchia” o “rimandiamoli tutti a casa”. Il 20 giugno – conclude Naso – ci deve ricordare che per le leggi che l’Italia si è data, questo non si può fare e che la civiltà giuridica di un paese si misura anche con l’accoglienza che esso garantisce a chi scappa da persecuzioni, guerre e violenze. Per questo la Federazione delle chiese evangeliche in Italia è impegnata in varie iniziative locali a sostegno del diritto d’asilo e della tutela dei diritti umani, un aspetto irrinunciabile della nostra vocazione cristiana».

Tra i temi, che saranno ricordati dal prefetto di Torino, Renato Saccone e dall’assessora Monica Cerutti, anche l’esperienza dei Corridoi umanitari «vie di accesso legali e in sicurezza per richiedenti asilo; una buona pratica che permette il raggiungimento in un Paese terzo sicuro», ricorda la videomaker Marta Cosentino che grazie ai Corridoi, partendo dal Libano e arrivando a Torino, ha realizzato il film Portami via raccontando la storia della famiglia siriana Makkawi, oggi residente nella città della Mole dove è titolare di un’attività commerciale, un ristorante: «La storia della famiglia Makawi è paradigmatica, perché racconta quella di tante famiglie siriane – ricordava intervistata su Riforma.it, Cosentino –. Una famiglia composta da otto persone e che viveva a Homs, luogo dove la repressione del regime è stata pesante. Seppur la famiglia non fosse politicamente coinvolta ha dovuto subire, come tante altre, le brutalità della rivolta». Un film nel quale, forti e toccanti, sono i racconti delle torture subite da Jammal, il padre, avvenute nel periodo della sua detenzione.

Il progetto dei Corridoi umanitari nasce in seno al progetto Mh della Fcei, insieme alla Comunità di Sant’Egidio e alla Tavola valdese. «Le famiglie siriane, oltre ad essere collocate in appartamenti ed essere aiutate per le necessità quotidiane – ricorda la referente Fcei dell’iniziativa, Maria Bonafede –, ricevono dalla nostra équipe assistenza sanitaria, assistenza legale e una consistente offerta formativa, che permette loro un agevole movimento sul territorio: tutti i bambini e i ragazzi sono iscritti all’asilo, a scuola e all’università e sono costantemente monitorati lungo il percorso scolastico; gli adulti usufruiscono di un corso di italiano specifico creato all’interno del progetto e di quelli offerti dai servizi territoriali: in primis, quello offerto dalla chiesa valdese in corso Principe Oddone, nonché quelli del Cpia per l’ottenimento della terza media e delle varie associazioni torinesi. Parallelamente – conclude Bonafede –, l’équipe formula, con la partecipazione attiva degli utenti, un progetto individuale che tenta di ripercorrere le loro esperienze pregresse, proteso verso un futuro nuovo nella stessa direzione».

L’incontro di domani, nel quale si parlerà tra i temi di strategia di integrazione, del perché si fugge, attraverso racconti di studenti rifugiati, della complessità del sistema di asilo in Italia e delle attività dell’Unhcr, avrà inizio alle 9 e terminerà con un dibattito alle 13.