istock-511056832

La Bibbia usata per giustificare la “tolleranza zero” contro i migranti

Circa 2000 bambini sono stati separati dalle loro famiglie al confine Usa-Messico dal 19 aprile al 31 maggio. È l’effetto della politica di contrasto all’immigrazione clandestina voluta dall’amministrazione Trump.

Le migliaia di persone che ogni settimana varcano il confine col Messico, per sfuggire alle violenze nei loro Paesi e chiedere asilo in Usa, provengono soprattutto da Guatemala, El Salvador e Honduras. Le inchieste giornalistiche dei media statunitensi stanno denunciando che l’azione della polizia di confine sta diventando sistematica, al punto che già si stanno progettando veri campi di detenzione per bambini e ragazzini. Il primo dovrebbe sorgere in Texas, a Tornillo, vicino a El Paso, un appezzamento di terreno in cui mettere delle tende, per 450 posti letto.

Il 14 giugno scorso, mentre alcuni reporter sono entrati nell’istituto di Brownsville, sempre in Texas, che ospita circa 1500 minori, dai 10 ai 17 anni, il procuratore generale Jeff Sessions, parlando a Fort Wayne (Indiana), ha addirittura citato la Bibbia per giustificare la separazione dei figli dai genitori arrestati per essere entrati illegalmente negli Stati Uniti. «L’ingresso illegale negli Stati Uniti è un crimine», ha affermato. «Le persone che violano la legge della nostra nazione sono soggette a procedimento giudiziario. Vorrei citarvi l’apostolo Paolo e il suo chiaro e saggio invito contenuto in Romani cap. 13 di obbedire alle leggi del Governo perché Dio le ha ordinate al fine di garantire l’ordine». Il versetto richiamato da Sessions è il primo del capitolo 13 della lettera di Paolo ai Romani che recita: «Ogni persona sia sottomessa alle autorità superiori; perché non vi è autorità se non da Dio; e le autorità che esistono, sono stabilite da Dio».

Immediata la condanna di diversi leader religiosi, tra questi anche l’influente predicatore evangelista Franklin Graham, figlio del noto Billy Graham, che ha da sempre sostenuto Donald Trump.

Il pastore Lee B. Spitzer, segretario generale delle Chiese battiste americane degli Usa (AbcUsa) organizzazione che raccoglie circa 5000 chiese con 1.3 milioni di membri, in una lettera inviata a Sessions ha espresso profonda preoccupazione per le ingiuste politiche di immigrazione messe in atto dal governo degli Stati Uniti, in particolare, «per l’irragionevole separazione dei bambini dai loro genitori al confine meridionale. Come comunione di discepoli di Cristo che ricordano le difficoltà del bambino Gesù e dei suoi genitori, fuggiti dalle persecuzioni nella loro patria in un altro paese (Matteo 2: 13-18), ci opponiamo risolutamente alla separazione dei bambini dai loro genitori. Una società giusta può essere fedele alle proprie leggi e alla sicurezza dei confini senza ricorrere a tali pratiche imprudenti e dannose».

Inoltre, prosegue il segretario generale delle AbcUsa, «siamo fortemente in disaccordo con l’errata appropriazione del Nuovo Testamento (in particolare, Romani 13) per giustificare azioni governative inumane e ingiuste. Nessun teologo cristiano responsabile affermerebbe che Romani 13, o qualsiasi altro passo della Bibbia, sostenga l’orribile separazione dei figli dai genitori a cui stiamo assistendo in questo momento. Infatti, sia l’Antico che il Nuovo Testamento chiamano coloro che credono in Dio ad accogliere i rifugiati e gli immigrati con le braccia aperte e amicizia, con amorevole cura e preoccupazione, e con la volontà di aiutare gli altri a godere le prospettive di un futuro basato sulla speranza e su nuove opportunità».

Dura anche la condanna della Chiesa metodista Unita – di cui Jeff Sessions tra l’altro è membro – ha definito la politica di «tolleranza zero» del procuratore generale «antitetica agli insegnamenti di Cristo».

«Sostenere che queste politiche siano coerenti con l’insegnamento cristiano è infondato, è un’interpretazione errata e una scioccante violazione dello spirito del Vangelo», ha scritto la pastora Susan Henry-Crowe in una dichiarazione rilasciata venerdì scorso, nella quale si rammenta a J. Sessions che nella lettera ai Romani i capitoli che precedono e seguono quello da lui citato sono incentrati sull’amore e sull’ospitalità e sollecitano i discepoli a «estendere l’ospitalità agli stranieri».

Proprio sulla comprensione e utilizzo errati del testo paolinico da parte di Jeff Sessions sono intervenute – con un articolo pubblicato il 15 giugno sul The Washington Post – la pastora Margaret Aumer, docente di Studi di Nuovo Testamento presso l’Austin Presbyterian Theological Seminary, e Laura Nasrallah, docente di Nuovo Testamento e Cristianesimo delle origini presso la Harvard Divinity School.

In primo luogo le due teologhe affermano che l’utilizzo di quel passo della lettera ai Romani è pericoloso, in quanto nel passato è stato usato per argomentare la teocrazia e l’obbedienza indiscussa alla legge anche quando essa giustificava l’oppressione (vengono ricordate la schiavitù degli afroamericani e l’apartheid in Sudafrica). In secondo luogo, se si vuol prendere in considerazione Romani 13, allora si deve inserire la porzione di testo citata da Sessions nel contesto più ampio. «L’apostolo Paolo – scrivono le due docenti – sostiene nello stesso passo che tutti i comandamenti sono riassunti nel comandamento “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Romani 13, 9). Paolo continua, puntigliosamente: “L’amore non fa nessun male al prossimo; quindi, l’amore è l’adempimento della legge” (Romani 13, 10). Paolo qui fa eco alla legge (Levitico 19,18) e agli insegnamenti di Gesù (Matteo 22, 19). Questo è il messaggio centrale delle Scritture.

Se vogliamo usare la Bibbia per discutere di immigrazione, non iniziamo prendendo Romani fuori dal contesto. Invece, ascoltiamo la schiacciante testimonianza delle Scritture a favore degli stranieri in mezzo a noi. Iniziamo con l’amore».

È intervenuto anche il Consiglio dei vescovi dell’African Methodist Episcopal Church che in un documento ufficiale ha dichiarato: «Ribadiamo il nostro sostegno alla “Dichiarazione dei leader di fede sulla separazione della famiglia” firmata con i nostri partner ecumenici e ci uniamo alla Conferenza episcopale degli Stati Uniti e ad altre organizzazione di fede che denunciano queste affermazioni e l’abuso delle Scritture. Chiediamo ai membri repubblicani e democratici una politica giusta per questi bambini e i loro genitori. (…) Concludiamo con le parole di Deuteronomio 10, 18-19, “Il Signore è il vostro Dio che fa giustizia all’orfano e alla vedova, che ama lo straniero (gli immigrati) … Amate dunque lo straniero, poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto».

Anche l’Onu ha chiesto di fermare «immediatamente» la separazione dei figli dai genitori, sottolineando come questa pratica sia «contraria alle norme e ai principi dei diritti umani». «La detenzione per immigrazione e la separazione familiare come deterrente contrastano con gli standard e i principi dei diritti umani», ha detto Ravina Shamdasani, portavoce per l’Alto Commissario ai Diritti umani, «e l’interesse del bambino viene prima di ogni altra cosa».

Tocca a Trump e alla sua amministrazione fare il prima possibile un passo indietro, soprattutto per tutelare il numero crescente di minori che si trovano nei campi di raccolta, senza i genitori e separati anche dai fratelli e sorelle.